Ciclone Nargis, “cauto” via libera della giunta agli aiuti Onu
Secondo la tv di Stato il bilancio dei morti supera i15mila, a cui si aggiungono 30mila dispersi . Le proporzioni del disastro portano i generali a rompere l’isolamento. Aiuti anche dai Paesi Asean, Ue e Usa, che specificano: controlleremo il corretto uso dei fondi.
Yangon (AsiaNews/Agenzie) – Supera i 15mila morti il bilancio ufficiale del ciclone Nargis abbattutosi il 3 maggio sul Myanmar. Secondo la tv di Stato, solo nella città di Bogalay sono morte 10mila persone, mentre il ministro degli Esteri Nyan Win riferisce di 30mila dispersi e migliaia di senza tetto. Le proporzioni del disastro, il più grave nella regione dallo tsunami del 2004, hanno spinto la giunta militare ad accettare le offerte di aiuti internazionali, di solito guardati con sospetto. Iniziativa, che in quest’ottica fa temere un bilancio finale ancora più drammatico.
Ieri sera il World Food Programme (WFP), spiega il portavoce delle Nazioni Unite Paul Risley, ha ricevuto dai leader birmani un “cauto via libera” all’invio degli aiuti. Una squadra di esperti Onu è in attesa di partire, se richiesto, per aiutare il governo nell’organizzare gli interventi umanitari. Mobilitate anche le nazioni confinanti. Surin Pitsuwan, segretario generale dell’Asean (Associazione dei Paesi del Sud-est asiatico), ha chiesto ai Paesi membri di offrire al Myanmar “urgente assistenza”. Stando all’agenzia Associated Press, il governo di Bangkok ha già ricevuto una richiesta dai generali di Naypydaw di “cibo, medicine e materiale per la ricostruzione”. Il primo carico aereo di aiuti dalla Thailandia dovrebbe arrivare stamattina. La Federazione della Croce Rossa internazionale – già operativa nelle zone colpite - e le Società della Mezzaluna Rossa hanno già stanziato 190mila dollari per l’emergenza. Anche la Casa Bianca e l’Unione Europea hanno annunciato l'invio di aiuti. Washington, però, ha sottolineato che prenderà precauzioni per evitare che i fondi possano essere usati in altro modo dalla giunta militare birmana. Questa ha garantito che nonostante la tragedia il 10 maggio si terrà regolarmente il referendum costituzionale.
La tempesta tropicale di categoria 3, che sabato si è abbattuta sulle coste meridionali della ex Birmania con raffiche di vento a 190 chilometri orari, ha spazzato via interi villaggi e lasciato senza energia elettrica e acqua potabile 5 regioni, dichiarate in stato d’emergenza: la città di Yangon, Irrawaddy, Pegu e gli Stati Karen e Mon. Gli abitanti condannano l’atteggiamento del governo militare che, al corrente del disastro che si stava abbattendo sul Paese, non ha avvertito in modo adeguato la popolazione né varato misure di sicurezza.
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