Chiese domestiche in Cina, unico rifugio per gli esuli nordcoreani
Pechino (AsiaNews) - Nelle aree a ridosso del confine che separa la Cina dalla Corea del Nord, le chiese cristiane non ufficiali sono divenute con il tempo l'unico riparo per coloro che fuggono dal regime di Pyongyang. Tuttavia, con la salita al potere di Kim Jong-un (terzogenito ed erede del defunto Kim Jong-il) è aumentata anche la repressione nei confronti dei missionari sudcoreani che animano queste chiese.
In previsione del rinnovo della leadership comunista cinese, inoltre, anche le autorità di Pechino hanno iniziato a colpire con più durezza queste attività: il Paese cerca la massima stabilità sociale in vista del Congresso di ottobre ed è convinto che con la violenza e la repressione potrà ottenerla.
Un reportage apparso questa settimana sul Dong-A Ilbo (uno dei maggiori settimanali sudcoreani) racconta la vita di queste chiese sotterranee nei pressi del fiume Tumen. I fedeli che vi si riuniscono cantano i gospel ma a basso volume e senza alcun accompagnamento, dato che hanno paura di essere uditi dall'esterno. In una chiesa visitata dal giornale vi sono 11 persone, compreso il pastore.
Grande all'incirca 10 metri quadrati, questo luogo di culto non ufficiale è arredato come una normale stanza e non c'è alcun simbolo religioso. La porta è chiusa a chiave quando la comunità si riunisce e vengono appese la croce e un'immagine di Cristo. Nessuno entra e nessuno esce durante la funzione.
La maggior parte non soltanto dei presenti, ma proprio della comunità cristiana della zona viene dalla Corea del Nord. Alcuni sono fuggiti mentre altri hanno scelto di rimanere nonostante il visto sia scaduto: una volta convertiti al cristianesimo hanno deciso di tentare la sorte piuttosto che tornare nell'ultimo regime stalinista al mondo.
Uno di loro dice: "Non possiamo pensare di andarcene. Gli agenti della Corea del Nord girano in maniera libera anche in quest'area della Cina, cercano proprio noi". Per questo usano alcune precauzioni: si chiamano fra loro con dei soprannomi, mentre il pastore è "mister". Per la maggior parte vivono insieme in una piccola casa in affitto.
L'evangelizzazione è messa a dura prova. Una fonte del governo sudcoreano racconta: "Da quando il dramma degli esuli dal Nord è divenuto di pubblico dominio, Pechino ha rafforzato la propria repressione nei confronti dei missionari presenti sul proprio territorio. In poco più di un anno sono state cacciati almeno 500 missionari sudcoreani".
05/01/2018 12:34
05/04/2018 10:48