Chiesa in India oltre i pregiudizi per sconfiggere la lebbra
Roma (AsiaNews) "Il lebbroso non è un mendicante che chiede l'elemosina o un ammalato che ha bisogno di servizi sanitari, ma quasi un profeta che ci parla del nostro futuro: la morte. E ce ne parla in nome di Dio, perché ci ricorda che, come la lebbra non è stata la fine per lui, la morte non è la nostra fine, ma solo una porta verso il regno dei cieli". Alla vigilia della 52esima Giornata mondiale dei malati di lebbra (Gml) indetta dall'Aifo* (Associazione italiana amici di Raoul Follereau) per il 30 gennaio, p. Carlo Torriani, sociologo e missionario PIME, ha spiegato con queste parole ad AsiaNews il suo impegno a favore dei lebbrosi in India, il paese al mondo più colpito dalla malattia.
Padre Torriani è da 36 anni in India, che da sola ha il 70% dei malati mondiali di lebbra, con un tasso di 2,5 malati ogni 100 mila abitanti. Il 2005 è il termine dato dall'Oms per sconfiggere la malattia; una volta arrivati a un tasso di 1 malato su 100 mila, la lebbra sparirà naturalmente.
"Ci sono stati grandi miglioramenti in India e la prospettiva di arrivare a debellare completamente la malattia è realistica". Secondo il missionario, le carte vincenti per sconfiggere questo male sono la "ricerca scientifica per ottenere un vaccino e un'efficace educazione sanitaria". "Il fenomeno spiega p. Torriani - si è molto ridimensionato negli anni, grazie all'impegno dei missionari, i primi a rapportarsi al problema e a quello del governo, che ora fornisce gratuitamente le cure e accoglie i malati nelle strutture pubbliche senza relegarli ai margini". In India nel 1991 il tasso di malati era 25,9 mentre dieci anni prima di 57,6.
Il missionario è stato responsabile dell'organizzazione per il controllo della lebbra Lok Seva Sangam (Associazione per il servizio del popolo) nel quartiere di Chembur Kurla, Mumbai, e ora dirige un piccolo centro fuori città dove vive con una trentina di malati guariti. P. Torriani ci ha raccontato di queste 2 realtà, la prima gestita secondo i criteri statali e l'altra diretta da lui stesso con un impegno che va oltre le cure sanitarie.
"Al Lok Seva Sangam da 28 anni, per incarico del municipio di Mumbai, monitoriamo la malattia: da qualche anno abbiamo iniziato a curare tutte le malattie della pelle in modo da poter riconoscere prima la lebbra e poter evitare malformazioni. Il lavoro si è ridimensionato grazie ai progressi medici e all'opera di sensibilizzazione del governo. Ora nel centro lavorano 36 persone tra personale medico e infermieristico, ma negli anni 80 eravamo più di 60".
Da qualche anno p. Torriani ha scelto di trasferirsi a 40km fuori Mumbai, a Taloja, unico villaggio musulmano in un'area a maggioranza indù. Qui ha fondato un ashram (luogo di ritiro nella tradizione indiana) dove vive con una trentina di anziani guariti dalla lebbra ma rimasti deformi e 10 bambini figli di lebbrosi. Il centro, chiamato "La porta dei cieli", è la testimonianza che l'impegno cristiano in questo particolare campo si distingue per la totale "condivisone" della vita quotidiana con i malati e l' "attenzione all'aspetto spirituale". P. Torriani racconta che i malati di lebbra guariti sono un segno quasi profetico dell'esistenza del regno di Dio: del fatto che la morte non è la nostra fine ma la porta verso il regno dei cieli". Per riuscire a "curare anche la spiritualità di questa gente, in un contesto dove è completamente assente la presenza cristiana, p. Torriani ha inventato una cappella ecumenica, con i simboli di tutte le religioni; "la domenica quando preghiamo con i cristiani e diciamo la messa vengono persone di ogni credo, dai familiari dei malati a persone dei villaggi vicini in quanto ci troviamo in una zona isolata e non ci sono altre parrocchie o chiese". Il centro cerca anche di rispondere ad esigenze di altro tipo: "Con le donazioni che ci arrivano cerchiamo di aiutare anche la popolazione vicina, ora ad esempio, stiamo ricostruendo la scuola di un villaggio indù vicino". (MA)
* La Gml è la principale ricorrenza promossa dall'Aifo. Fu istituita nel gennaio 1954 da Raoul Follereau, giornalista e scrittore francese per dare voce a coloro che più di altri al mondo soffrivano per le conseguenze della malattia e per quelle, non meno dolorose, dell'emarginazione.