Chiesa cinese “ferita” dall’ordinazione illecita e unita al papa
di Anonimo ("Pace")
Un sacerdote della Chiesa sotterranea scrive ad AsiaNews le sue considerazioni sull’ordinazione illecita di Chengde. Le conseguenze sulla comunione ecclesiale, sul dialogo fra Cina e Vaticano, sulla libertà religiosa nel Paese.
Pechino (AsiaNews) – Un sacerdote della comunità sotterranea cinese, con lo pseudonimo “Pace”, ha scritto oggi per AsiaNews alcune riflessioni sull’ordinazione illecita di p. Guo Jincai a vescovo di Chengde, prendendo spunto dal comunicato emesso dalla Sala Stampa della Santa Sede, pubblicato ieri (cfr. La Santa Sede condanna l’ordinazione episcopale illecita a Chengde). Ecco il testo dell’articolo:
La Chiesa in Cina è ancora una volta sotto l’attenzione della comunità internazionale. Lo scorso 20 novembre 2010, il vice-segretaro generale dell’Associazione patriottica è stato ordinato vescovo di Chengde senza mandato del papa, quale vescovo “auto-eletto e auto-ordinato”. Quattro giorni dopo l’ordinazione, la Santa Sede ha diffuso un comunicato per esprimere la condanna di questo gesto. L’ordinazione illecita implica molti complicati elementi e ha diverse ramificazioni, fra cui la situazione e lo sviluppo in questi anni delle relazioni fra Cina e Vaticano, la posizione della Chiesa in Cina, la posizione dell’Associazione patriottica cinese. Non si può spiegare tutto in pochi paragrafi. Ma vorrei condividere alcune impressioni dopo aver letto il comunicato della Santa Sede [sull’ordinazione] del 20 novembre.
- In generale, le espressioni del comunicato vaticano sono molto più forti di quelle contenute nel comunicato diffuso da Navarro-Valls nel 2006, dopo che Ma Yinglin e Liu Xinhong si sono “autoeletti e auto ordinati” vescovi della Cina [v. AsiaNews.it, 04/05/2006 Santa Sede: le illecite ordinazioni in Cina una "grave violazione della libertà religiosa"].
- Il fatto in sé ha un impatto sulla comunione della Chiesa; il comunicato dice che esso “rappresenta una dolorosa ferita alla comunione ecclesiale”. A nostro parere, le parole “dolorosa ferita” non è forte a sufficienza. Questo perché il comunicato tratta di questa ordinazione specifica, e una dichiarazione di avvertimento era già stata diffusa prima da p. Federico Lombardi. In più, i punti 3 e 4 del comunicato avrebbero dovuto esprimere con ancora più forza la gravità di questa dolorosa ferita. Secondo il punto 3 del comunicato, p. Guo Jincai è ora nella situazione di “scomunica automatica [late sententiae], in quanto si cita il canone 1382 del codice di diritto canonico. La materia non concerne solo la comunione [communicatio in sacris?], perché la parola latina “excommunicatio” non significa solo la dolorosa ferita nella comunione della Chiesa, ma va anche oltre. Di certo, prima di ogni decisione finale riguardo alla pena che viene da questa ordinazione, non osiamo dire ancora che egli è già fuori della comunione Chiesa. Ad ogni modo, si sarebbero potute usare parole come “una seria e dolorosa ferita”, per esprimere la serietà e la profondità dell’evento. Il punto 4 del comunicato esprime preoccupazione per la situazione dei fedeli di Chengde e la preoccupazione della Chiesa universale verso questa chiesa sofferente. La comunione ecclesiale non verrà distrutta, nemmeno se qualcuno osa compiere certi atti; la maggioranza dei cattolici rimarrà unita.
- Gli otto vescovi che hanno partecipato [all’ordinazione] sono tutti in comunione con Roma. Come dice il comunicato, essi erano sotto pressioni e la loro libertà era ristretta. Ad ogni modo, la pressioni per loro era così grande che non vi era modo di resistere? Il card. Zen si è domandato: “Sappiamo che qualcuno avrebbe potuto rifiutare a parteciparvi”. Tali pressioni, è ovvio, sono venute dal governo cinese. Ma guardando all’evento più da vicino, ciò non è forse dovuto a una “malconcepita compassione” che – come dice il card. Zen – ha portato concessioni e causato questa pressione irresistibile?
- Verso Guo Jincai stesso, che ha ricevuto l’ordinazione episcopale, Roma aveva emesso un serio avvertimento prima dell’ordinazione. Per lo sviluppo delle relazioni sino-vaticane, noi ci aspettiamo che queste scomuniche non vengano “dimenticate alla chetichella”, come accenna il card. Zen. Se noi guardiamo soltanto all’aspetto diplomatico delle relazioni sino-vaticane, non c’è via d’uscita. La natura della nostra Chiesa è fondata sulla fede. Parte della sua missione è che “il Padre mio è glorificato se portate molto frutto e diventate miei discepoli” (cfr Giov. 15,8). Se la Chiesa e un Paese devono stabilire relazioni diplomatiche, essa deve prima di tutto considerare la fede e non le relazioni diplomatiche. Certo, qui non giudichiamo nessuno, ma dobbiamo testimoniare la missione nella verità, così da non ferire la carità fatta dalla Chiesa.
- Per quanto riguarda il governo cinese, i punti 5 e 6 del comunicato notano che simili atti ostacolano il dialogo fra la Cina e il Vaticano. Comuqnue, noi pensiamo che, se il dialogo è basato sulla fiducia, allora esso è possibile. Il contenuto del dialogo deve essere sulla libertà di coscienza e sulla libertà di religione. Questo è un diritto umano basilare. Per questo noi vorremmo riaffermare quanto il dott. Navarro-Valls disse nel 2006 sui timori riguardanti la situazione della libertà religiosa in Cina.
- Per ciò riguarda gli sviluppi futuri di questa ordinazione illecita, e le conseguenze che derivano da questo caso, dobbiamo aspettare per conoscere le cose con più obbiettività e vedere cosa ci sarà da fare. Da una parte, vi è l’imminente Ottava Assemblea nazionale dei rappresentanti cattolici. Dall’altra, dobbiamo guardare con attenzione a quanto la Santa Sede farà in seguito a questo fatto; nello stesso tempo, [verificare] se vi è un cambiamento di atteggiamento da parte del governo cinese verso i cattolici in Cina.
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