Chiesa cattolica in Nepal: leggi anti-conversione sono anti-costituzionali
di Kalpit Parajuli
Tradotte in inglese le sezioni del nuovo codice penale che violano la libertà religiosa. Lo scopo è smuovere l’opinione pubblica per fare pressioni sul governo. Violate le norme internazionali sui diritti civili e politici firmate dalle autorità dopo la caduta della monarchia indù.
Kathmandu (AsiaNews) – La Chiesa cattolica nepalese condanna il nuovo codice penale proposto dal governo, che proibisce le conversioni. Nei giorni scorsi p. Shilas Bogati e p. Pius Perumana, sacerdoti della diocesi di Kathmandu, hanno pubblicato un rapporto pubblico nel quale sottolineano la contraddittorietà delle sezioni 160.1 e 160.2. Secondo loro, le leggi proposte sono in contrasto con l’articolo 23 della costituzione a interim, che garantisce a ciascun cittadino il diritto di professare qualsiasi credo.
La sezione 160.1 del nuovo codice stabilisce che “nessuna persona ha il diritto di convertire o incitare alla conversione un cittadino a religioni diverse da quella di appartenenza. La sezione 160.2 sanziona invece quei comportamenti che possono offendere il credo o le tradizioni praticate da una casta o comunità religiosa indù. Le pene vanno da una multa di 500 euro a un massimo di cinque anni di carcere.
“Prima di proporre il nuovo codice – affermano – il governo non ha consultato le minoranze religiose. La Chiesa cattolica nepalese ha appreso la notizia dai media”. Per fare pressioni sulle autorità e sensibilizzare l’opinione pubblica, la Chiesa nepalese ha diffuso su internet le sezioni del codice penale che vanno contro la libertà religiosa.
Secondo i due sacerdoti le parti incriminate riprendono il codice civile risalente al periodo della monarchia, quando il Nepal era uno Stato indù e non vi era alcun tipo di libertà religiosa. “Dopo la firma della costituzione ad interim nel 2007 – affermano – il Nepal è uno Stato laico e multi-religioso ed è previsto un trattamento uguale per tutte le fedi religiose. L’art. 23 stabilisce che ogni persona ha il diritto di professare, praticare e difendere il proprio credo religioso. Inoltre il Nepal ha aderito alle Convenzioni internazionali sui diritti civili e politici, che agli articoli 18.1 e 18.2 prevedono la libertà religiosa per ciascun cittadino”.
Proposto lo scorso 23 giugno, il nuovo doveva essere approvato per fine agosto, ma le dimissioni del Primo ministro Khanal hanno bloccato l’iter, rimandandolo a data da destinarsi.
Nelle scorse settimane, cristiani, islamici, buddisti e bahai, hanno consegnato un documento ai membri del governo nel quale chiedono una revisione delle norme anti-conversione.
La sezione 160.1 del nuovo codice stabilisce che “nessuna persona ha il diritto di convertire o incitare alla conversione un cittadino a religioni diverse da quella di appartenenza. La sezione 160.2 sanziona invece quei comportamenti che possono offendere il credo o le tradizioni praticate da una casta o comunità religiosa indù. Le pene vanno da una multa di 500 euro a un massimo di cinque anni di carcere.
“Prima di proporre il nuovo codice – affermano – il governo non ha consultato le minoranze religiose. La Chiesa cattolica nepalese ha appreso la notizia dai media”. Per fare pressioni sulle autorità e sensibilizzare l’opinione pubblica, la Chiesa nepalese ha diffuso su internet le sezioni del codice penale che vanno contro la libertà religiosa.
Secondo i due sacerdoti le parti incriminate riprendono il codice civile risalente al periodo della monarchia, quando il Nepal era uno Stato indù e non vi era alcun tipo di libertà religiosa. “Dopo la firma della costituzione ad interim nel 2007 – affermano – il Nepal è uno Stato laico e multi-religioso ed è previsto un trattamento uguale per tutte le fedi religiose. L’art. 23 stabilisce che ogni persona ha il diritto di professare, praticare e difendere il proprio credo religioso. Inoltre il Nepal ha aderito alle Convenzioni internazionali sui diritti civili e politici, che agli articoli 18.1 e 18.2 prevedono la libertà religiosa per ciascun cittadino”.
Proposto lo scorso 23 giugno, il nuovo doveva essere approvato per fine agosto, ma le dimissioni del Primo ministro Khanal hanno bloccato l’iter, rimandandolo a data da destinarsi.
Nelle scorse settimane, cristiani, islamici, buddisti e bahai, hanno consegnato un documento ai membri del governo nel quale chiedono una revisione delle norme anti-conversione.
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