08/10/2007, 00.00
INDIA
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Chattisgarh, la fede si rafforza sotto la persecuzione

di Nirmala Carvalho
Il vescovo di Jashpur parla ad AsiaNews degli sviluppi sugli emendamenti alla legge anti-conversione in vigore nello Stato: la Chiesa non ha paura, vive sotto la repressione rafforza la sua fede.
Jashpur (AsiaNews) – La Chiesa dello Stato centrale del Chattisgarh “vive da anni sotto una dura legge anti-conversione, e questa non ci ha mai fermato. Anzi, proprio la persecuzione ha reso la nostra comunità vitale e salda nella fede”. E’ il commento di mons. Victor Kindo, vescovo di Jashpur, al rifiuto di firmare nuovi emendamenti, che aggraverebbero la legge anti-conversione, da parte del governatore statale, E. S. L. Narasimhan. Questi ha rimandato all’Avvocatura dell’Unione indiana la proposta presentata dal Bharatya Janata Party [Bjp, maggior partito politico indiano, di ispirazione nazionalista ndr], che chiede l’introduzione di nuove norme, più severe, contro le conversioni “non denunciate alle autorità” a “tutte quelle religioni non indiane che infestano lo Stato”.
 
Secondo mons. Kindo, non ha importanza il modo in cui si comporta il governo locale nei confronti di questa legge che colpisce le minoranze religiose, definita “draconiana” da diverse associazioni dei diritti umani.  “I cattolici di questo Stato hanno imparato a vivere nella persecuzione, e questa ha reso il nostro gregge saldo ed unito nella fede. Essere sempre sotto il controllo di forze ostili ci ha aiutato a maturare e ad approfondire il nostro credo”.
 
Gli attacchi dei nazionalisti, infatti, “non si limitano alle conversioni. Da anni lottiamo contro false accuse, che ci dipingono come ladri di terreno e profittatori. Nulla di più falso: le terre su cui sorgono le nostre strutture vennero regolarmente acquistate dai tribali, e vengono gestite in maniera trasparente e rispettosa delle autorità”. Anche le accuse di proselitismo nei confronti dei cattolici, che spesso producono attacchi violenti ed insensati, “sono all’ordine del giorno: dicono che usiamo le nostre attività sociali per convertire i più poveri, ma nessuno di noi ha mai fatto una cosa del genere”.
 
Proprio per questo, “la Chiesa guarda con interesse, ma senza paura, allo svolgimento di questa diatriba legale. Ci interessa il secondo emendamento, che definisce la conversione all’induismo ‘un ritorno alla vera fede’, che non deve essere punito. In questa zona è altissima la presenza di cristiani convertiti: siamo sicuri che nessuno di loro userà questa scappatoia, e che rimarremo uniti come abbiamo fatto fino ad ora”.  
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