19/10/2019, 08.04
RUSSIA
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Chapnin: La lettera dei sacerdoti ortodossi in difesa dei giovani manifestanti arrestati

di Sergei Chapnin*

È la prima volta che il clero ortodosso mostra la propria solidarietà agli attivisti civili detenuti e la propria disponibilità a discutere pubblicamente la difesa degli innocenti condannati, in quanto compito cristiano. Nessun vescovo ha appoggiato il clero, in attesa della posizione ufficiale del Patriarcato. La Chiesa russo-ortodossa “è afflitta da un’atmosfera soffocante causata dalla mancanza di libertà”.

Mosca (AsiaNews) – A settembre il clero della Chiesa russo-ortodossa si è schierato a difesa dei giovani incarcerati da Mosca per alcune manifestazioni non autorizzate. Con una lettera rivolta ai tribunali, i sacerdoti mettono in guardia le forze dell’ordine dal produrre false testimonianze e ricordano che anche “il processo al Salvatore era fondato su false testimonianze”. La mossa dei sacerdoti, sottolinea Sergei Chapnin, ex direttore della “Rivista del Patriarcato di Mosca” da cui nel 2015 è stato licenziato per volere del Patriarca Kirill, è stata “del tutto inaspettata e ha avuto una risonanza inaspettatamente profonda nella società russa”. Non solo, il clero ha spinto i vescovi a prendere posizione: una posizione “tutt’altro che unitaria e ufficiale”. Di seguito l’analisi di Chapnin (traduzione a cura di AsiaNews).

In Russia si discute da tempo di riforma del sistema giudiziario, che in pratica non assolve mai ed è del tutto subordinato alle forze dell’ordine. Tuttavia, solo gli attivisti civili sono coinvolti nei dibattiti. Il governo continua a tenersi alla larga da ogni discussione e i tribunali continuano in modo arbitrario a emettere verdetti severi oltre ogni ragionevolezza sia per gli attivisti civili che per gli uomini d’affari. A metà settembre, alcune associazioni professionali hanno chiesto una revisione delle decisioni relative ai casi di partecipanti a manifestazioni non autorizzate a Mosca a partire dal luglio 2019. Tra i primi vi è stato un appello del clero ortodosso, seguito da petizioni pubbliche di insegnanti, medici, editori e filosofi. Ad ogni modo, la lettera del clero era del tutto inaspettata e ha avuto una risonanza inaspettatamente profonda nella società russa.

Di cosa parla la lettera?

Il 17 settembre un gruppo di sacerdoti ortodossi si è schierato a difesa dei giovani detenuti in seguito a proteste non autorizzate a Mosca. La scelta del formato della lettera – intercessione clericale – è inaspettata e non è mai stata usata nella Russia post-sovietica.

Fin dalle prime righe i sacerdoti affermano in modo inequivocabile che è loro dovere pastorale domandare “la necessità di rivedere le decisioni del tribunale relative alla carcerazione di diverse persone coinvolte nel ‘caso di Mosca’”.

Inoltre i sacerdoti avvertono che “la falsa testimonianza rende una persona complice nel processo al Salvatore, anch’esso fondato su false testimonianze”. Questo è un diretto rimprovero dei membri delle forze dell’ordine che hanno fornito prove false durante i processi.

La lettera contiene una chiara critica del sistema giudiziario stabilito in Russia: “Il tribunale deve essere in grado di proteggere un cittadino dall’arbitrarietà del potere esecutivo e delle forze dell’ordine; altrimenti, la sua stessa esistenza diventa nient’altro che un dettaglio e una formalità”.

Poi c’è un messaggio per giudici e membri delle forze dell’ordine: “Ci appelliamo alle persone che detengono l’autorità giudiziaria e che prestano servizio nelle forze dell’ordine del nostro Paese. Molti di voi sono battezzati nella Chiesa ortodossa e si considerano fedeli praticanti. Il procedimento giudiziario non dovrebbe essere di natura repressiva, i tribunali non dovrebbero essere usati per soffocare le voci che dissentono e l’uso della forza non dovrebbe essere attuato con ingiustificabile crudeltà”.

La lettera termina con una frase in cui i sacerdoti esprimono preoccupazione per il fatto che le “sentenze del tribunale sembrano un’intimidazione nei confronti dei cittadini russi piuttosto che una giusta decisione per gli imputati”.

Nelle ultime righe, i sacerdoti invitano le persone a pregare “per i prigionieri e per le persone nelle cui mani è riposto il destino dei prigionieri”.

Chi ha scritto la lettera e chi l’ha firmata?

Gli autori della lettera hanno deciso di rimanere nascosti e anonimi. All’inizio la missiva aveva 36 firme, ma nei quattro giorni successivi alla sua pubblicazione online il numero di firme si è quadruplicato e ha raggiunto le 182 adesioni (il 25 settembre).

Di certo, in numeri assoluti, questo è ancora un piccolo gruppo dal momento che secondo le statistiche ufficiali nella Chiesa russo-ortodossa ci sono circa 40mila tra sacerdoti e diaconi. Comunque vale la pena notare che il clero che ha firmato la lettera non appartiene a un singolo gruppo: la loro diversità è sorprendente – ci sono sacerdoti sposati, monaci, sacerdoti di grandi città e piccoli villaggi, anziani esperti e pastori relativamente giovani, famosi dissidenti e coloro che possiedono un ruolo ufficiale nella struttura della Chiesa.  

Questa è la prima volta che il clero ortodosso mostra la propria solidarietà agli attivisti civili detenuti e la propria disponibilità a discutere pubblicamente la difesa degli innocenti condannati, in quanto compito cristiano. Non si può certo dire che negli ultimi anni la giustizia sociale sia stata al centro della Chiesa russo-ortodossa. Piuttosto, in Russia i rappresentanti della Chiesa hanno evitato di parlare di giustizia sociale perché in tal caso, prima o poi, avrebbero dovuto criticare in maniera diretta la politica sociale del governo.

Nel contesto russo, è stato importante verificare che anche in un contesto di media controllati dallo Stato che presentano un’immagine distorta delle proteste di Mosca, [esiste] una parte diversa del clero che non solo ha accesso a fonti di informazione alternative (come i social media), ma anche che si fida di queste fonti.

Un altro dettaglio degno di nota è che nessun vescovo ha firmato la lettera. Per loro, la “solidarietà collettiva” con il Patriarcato è di fondamentale importanza. Questa è un’ulteriore prova della grande separazione tra i sacerdoti e l’episcopato nella Chiesa russo-ortodossa. Alcuni sacerdoti sono pronti a sostenere i laici e a mostrare loro solidarietà, ma i vescovi si considerano una sfera separata. Essi non sono pronti, dal punto di vista morale e collettivo, a parlare pubblicamente della propria solidarietà nei confronti del clero che ha firmato la lettera. E anche se qualche giovane vescovo fosse stato pronto a firmare, per ora quelli più anziani sono riusciti a convincerli a non farlo. In aggiunta, alcuni vescovi erano pronti a punire in maniera preventiva i sacerdoti che avessero firmato la lettera senza attendere le direttive del Patriarcato.

A chi è rivolta la lettera?

Prima di tutto, la lettera del clero è indirizzata ai tribunali. Comunque sarebbe ingenuo pensare che i giudici ascoltino la voce dei preti ortodossi, anche se essi si identificano come ortodossi o vanno in chiesa. Il principale obiettivo della lettera è la società russa in generale.

La lettera è anche indirizzata alle autorità della Chiesa. Impone una riflessione sul fatto che il diritto di fare appello alla clemenza dello Stato per gli innocenti condannati sia tornato rilevante e non dovrebbe essere ignorato – persino nel caso dei prigionieri politici.

Infine un altro destinatario è il clero stesso. L’invito può essere articolato in modo abbastanza semplice: basta con la paura! Da un po’ di tempo la Chiesa russo-ortodossa è afflitta da un’atmosfera soffocante causata dalla mancanza di libertà.

Qual è stata la reazione della Chiesa ufficiale?

La reazione della Chiesa ufficiale è stata tremendamente diversa da quella della maggioranza delle persone. All’inizio i commenti potevano essere definiti critici e alquanto sospetti. Tuttavia, mentre la situazione era in evoluzione, le opinioni dei vari dipartimenti sinodali sono state diverse, a volte persino contraddittorie. Ciò dimostra che la Chiesa russo-ortodossa non ha ancora espresso una posizione unitaria e ufficiale.

Il primo commento è apparso un paio d’ore dopo la pubblicazione online della lettera nel news ticker [la barra in basso sullo schermo dove scorrono i titoli delle notizie o i commenti degli spettatori, ndr] delle agenzie di stampa statali: “Questa è politica. . . firmare una dichiarazione in cui la retorica politica è mescolata in uno strano modo al linguaggio dei testi sacri – è un approccio facile ma inutile”.

Considerando il fatto che la partecipazione alle proteste politiche è punita in maniera severa nella Chiesa russo-ortodossa, molte persone hanno interpretato queste parole come una diretta intimidazione dei sacerdoti che hanno firmato la lettera.

Ad ogni modo, il giorno dopo è apparso un comunicato più gentile e conciliante dal Dipartimento sinodale delle pubbliche relazioni e della stampa; esso riconosceva (seppur in modo indiretto) l’idea che i preti hanno il diritto di rilasciare tali dichiarazioni. Tuttavia, questa risposta non era senza rimprovero: “I sacerdoti difficilmente. . . dispongono di informazioni abbastanza chiare sui casi, così da poter trarre una conclusione di colpa o innocenza”. L’ultimo paragrafo della comunicazione afferma che il Centro per i diritti umani del Consiglio mondiale del popolo russo è stato incaricato di studiare i casi degli attivisti civili detenuti e condannati e “fornire loro assistenza legale qualificata, se necessario”. Ad ogni modo, non ci sono informazioni se sia iniziato il lavoro dei difensori ortodossi dei diritti umani.

Subito è venuto a galla che i vescovi di alcune diocesi stavano prendendo in considerazione misure disciplinari contro i sacerdoti che avevano firmato la lettera. Quindi è stata rilasciata un’altra dichiarazione in cui il Patriarcato segnalava ai vescovi che essi avrebbero dovuto rinunciare a qualsiasi repressione dei sacerdoti che avessero firmato l’appello.

Sotto tutti gli aspetti, questa sarebbe potuta essere la fine della storia, ma un altro articolo è stato pubblicato in seguito. In esso, un portavoce del Dipartimento sulle relazioni con la società e i media del Patriarcato accusa direttamente i sacerdoti di tentare di ottenere “risorse politiche” e fa una previsione inaspettata: “A causa di una convergenza di interessi, è possibile un’alleanza tra il gruppo di protesta della Chiesa e i corrispondenti politici. Ad ogni modo, questa lettera aperta è una seria affermazione della partecipazione alla lotta politica”.

Ciò che qui risalta è che per la prima volta il Patriarcato di Mosca ha infranto una regola non scritta – in qualsiasi dichiarazione ufficiale – che solo i sacerdoti possono criticare i sacerdoti. Nelle dichiarazioni sopra menzionate, tutte le critiche venivano da burocrati “in giacca e cravatta” non ordinati dalla Chiesa.

L’ultimo a commentare la situazione è stato il metropolita Hilarion (Alfeev). Il suo breve discorso in uno show televisivo chiamato “La Chiesa e il mondo”, in linea generale era in sintonia con i firmatari della lettera, ma è apparso piuttosto come un’opinione personale; infatti, secondo l’attuale protocollo, i commenti del presidente dell’ufficio diplomatico del Patriarcato di Mosca relativi alle relazioni tra Chiesa e società non costituiscono una dichiarazione ufficiale.

La lettera dei sacerdoti ha suscitato una forte reazione pubblica. In primo luogo, ha sollevato una pletora di appelli pubblici con richieste simili. Tali lettere sono giunte da medici, informatici, editori, architetti, filosofi, ecc. (in totale 10 associazioni professionali). E così una debole società civile è stata rafforzata in maniera inaspettata dai sindacati e dai gruppi professionali. In questo modo il clero ortodosso ha iniziato a formare una forza sociale indipendente. Adesso la fiducia del pubblico nei confronti dei sacerdoti che hanno firmato la lettera è piuttosto elevata.

In secondo luogo, la lettera ha avuto un’enorme risonanza all’interno della Chiesa stessa. I laici si sono espressi a sostegno dei sacerdoti. Tra l’altro molti preti che non avevano firmato la lettera (soprattutto per paura della rappresaglia da parte dei vescovi) hanno espresso simpatia verso i firmatari. Negli ultimi 10 anni l’esperienza della libertà di espressione delle proprie opinioni era stata praticamente dimenticata nella Chiesa russo-ortodossa. E l’esperienza della conciliarità della gente comune (sobornost’) – soprattutto una conciliarità a livello di clero parrocchiale e di laici – si è rivelata importante in particolare per coloro che avevano perso la speranza che la conciliarità in quanto tale si potesse realizzare nella nostra epoca contemporanea.

*Ex direttore della “Rivista del Patriarcato di Mosca”.

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