Cautela di Stati Uniti e Hezbollah: No a un attacco contro l'Iran
Beirut (AsiaNews) - Il numero due degli Hezbollah, Cheikh Naïm Kassem, ha dichiarato che se l'esercito israeliano attacca i siti nucleari iraniani, il Medio oriente si infiammerà, facendo esplodere un conflitto che sfuggirebbe a ogni controllo.
"L'America - ha aggiunto Kassem in un'intervista a Reuters - sa che se vi è una guerra contro l'Iran, tutta la regione diverrà incandescente e le fiamme non avranno limiti".
Il capo aggiunto degli Hezbollah pensa che Israele farà di tutto per implicare gli Stati Uniti nel conflitto, nonostante le esitazioni di Washington.
Proprio ieri sera il portavoce della Casa Bianca, Jay Carney, usando parole simili a quelle del capo di Hezbollah, ha messo in guardia da ogni attacco all'Iran, facendo notare che ogni azione militare contro Teheran creerebbe "una maggiore instabilità nella regione", di cui potrebbero essere vittime gli americani presenti in Iraq e i militari Usa presenti in Afghanistan.
"L'Iran confina sia con l'Afghanistan che con l'Iraq - ha detto Carney - e noi abbiamo personale civile in Iraq. E abbiamo civili e militari in Afghanistan".
Le parole di Carney vengono diffuse pochi giorni prima dell'incontro che il presidente Usa Barack Obama avrà con il premier israeliano Benjamin Netanyahu il prossimo 5 marzo.
In Israele si discute da anni su un possibile attacco ai reattori nucleari iraniani e nei giorni scorsi sono apparsi sui giornali forti discussioni pro o contro l'attacco. Per Israele e buona parte della comunità internazionale il programma nucleare iraniano ha sottaciuti scopi bellici. Teheran ne ha sempre rivendicato uno scopo pacifico.
Per ora gli Stati Uniti sembrano decisi per una soluzione diplomatica, attuando sanzioni sempre più difficili da sopportare per l'Iran.
Le ultime, che colpiscono la vendita di petrolio e le transazioni bancarie, stanno rendendo sempre più difficile il commercio dell'Iran con molti Paesi e viceversa, tanto che molte banche di Teheran soffrono di mancanza di capitale. Ieri la banca centrare iraniana ha espresso l'ipotesi che l'Iran potrebbe accettare pagamenti in oro, invece che in dollari.
Intanto, domani in Iran vi saranno le elezioni parlamentari, ma con ogni probabilità, qualunque sia il vincitore, non sposterà la problematica e le tensioni sul nucleare.
Le elezioni di domani sono importanti perché sono le prime che avvengono dopo quelle presidenziali del 2009, contestate dal movimento divenuto "l'Onda verde", che accusava il regime di manipolazione del voto e chiedeva riforme. Dopo quasi otto mesi di dimostrazioni, fermate dalle uccisioni, dalle violenze e dagli arresti ad opera dei pasdaran, la resistenza sembra ora soffocata.
Per queste elezioni, i riformisti stanno convincendo la gente a non andare a votare. Si annuncia un deciso scontro all'interno della fazione conservatrice, fra i sostenitori del presidente Mahmoud Ahmadinejad e quelli del grande ayatollah Khamenei.
Gli analisti la definiscono una guerra fra il populismo del presidente, che cerca di rafforzare il suo potere, e la teocrazia degli ayatollah che, con motivazioni pseudo-religiose vogliono conservare il controllo sulla società e l'economia.
Quasi senz'altro perderà Ahmadinejad. Nelle scorse settimane il Consiglio dei Guardiani ha sbarrato la strada a molti politici del suo campo, cancellandoli dalle liste dei candidati. In più, da tempo amici di Ahmadinejad sono stati allontanati da cariche ministeriali e arrestati, dopo le rivelazioni di scandali e corruzioni (PD)