27/01/2009, 00.00
PAKISTAN
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Cattolico pakistano dirige un centro interconfessionale per la lotta contro la droga

di Qaiser Felix
Yousaf Masih Bhatti ha fondato una casa di cura no profit che apre le porte a cristiani e musulmani. Oggi ospita 20 pazienti, tra cui quattro musulmani, ma il sogno è “aprire un vero ospedale”. Secondo stime ufficiali in Pakistan vi sono oltre 684mila tossicodipendenti.

Faisalabad (AsiaNews) – Curare i tossicodipendenti senza distinzione di sesso o credo religioso. È l’iniziativa avviata da un cattolico della parrocchia di Warispura, nella diocesi di Faisalabad, che a costo zero aiuta i pazienti a uscire dal circolo della droga e le famiglie ad accogliere di nuovo il malato, evitando discriminazioni ed emarginazione.

Nel gennaio 2008 Yousaf Masih Bhatti (nella foto) ha fondato, di tasca propria, l’organizzazione Quit Drug Treatment grazie alla quale 200 pazienti sono riusciti a disintossicarsi. Al momento il centro, ricavato in una ampia sala messa a disposizione dalla parrocchia, ospita 20 pazienti tra cui quattro musulmani.

Bhatti rivela ad AsiaNews di aver pensato a lungo ad un centro di riabilitazione per i tossicomani, ma la decisione è stata presa dopo aver perso “entrambi i cognati, Waris Masih e Arif Masih, a causa dell’eroina”. Egli si è preso a carico le due figlie di Waris e i tre bambini di Arif. “Ho pregato Dio di darmi il coraggio e la forza – confessa – per fare qualcosa per i tossicodipendenti e salvare le loro vite. Le mie preghiere sono state esaudite”. Egli ribadisce che il centro è aperto a tutti, senza discriminazioni di carattere confessionale: “Questo è un modo – dice – per testimoniare Cristo tra i fedeli di altre religioni”.

Muhammad Azam, uno dei quattro pazienti musulmani, racconta di essere da tempo dipendente dalle droghe. La famiglia lo ha portato in un centro specializzato a Islamabad senza successo; ora dice di sentirsi meglio e spera di tornare presto “a essere una persona normale”. Muhammad Afzal, anch’egli musulmano e padre di cinque figli, dice di aver perso il lavoro di autotrasportatore a causa dei problemi con la droga. Sono stati i familiari a spingerlo verso il centro di Yousaf Masih Bhatti, il quale riferisce che il centro accoglie anche le donne, sebbene la loro identità venga tenuta segreta per difendere la loro integrità.

Il sogno di Bhatti è aprire un vero e proprio ospedale, ma al momento non ha fondi sufficienti: “Spero che Gesù mi aiuti – rivela – e che i miei sogni possano diventare realtà”. Il suo lavoro ha ricevuto apprezzamenti e attestati di stima da leader religiosi cattolici, protestanti e musulmani.

Secondo gli ultimi rapporti pubblicati dai media nazionali, in Pakistan vi sono oltre 684mila tossicodipendenti; il problema più grave riguarda proprio la dipendenza da eroina, a causa delle immense coltivazioni di papavero in Afghanistan dalle quali si ricava la droga.

Pakistan, Iran e Asia Centrale sono anche i crocevia attraverso i quali passa la droga prima di raggiungere i mercati occidentali. Lo spaccio nel Paese è punito con pene che vanno fino ai 14 anni di reclusione, ma in alcuni casi è prevista persino la pena di morte.

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