04/10/2023, 11.07
PAPUA NUOVA GUINEA
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Caritas Papua Nuova Guinea condanna le violenze dei 'guerrieri della preghiera'

Chiesto alle autorità del Paese di mobilitare le forze dell’ordine per frenare l'aumento della criminalità e della violenza. Episodi perpetrati anche da gruppi che nulla hanno che fare con la Chiesa cattolica, impegnata al contrario a invertire questa sanguinosa tendenza

Port Moresby (AsiaNews) - Un'ondata di crimini senza precedenti in Papua Nuova Guinea rischia di divorare il tessuto sociale. La violenza si manifesta in tutte le sue forme, da quella familiare, ai conflitti etnico-tribali, fino alla criminalità giovanile. Negli ultimi mesi si sono verificati decine omicidi nelle province di Madang, Morobe, Northern e Milne Bay e sugli indagati pendono anche accuse di stregoneria. Ma a preoccupare è il fatto che "molti contatti delle parrocchie e della Caritas sul territorio indicano che il numero di morti dovuti a violenze e conflitti sia molto più elevato di quanto riportato”, hanno spiegato durante uno conferenza tenuta nell'arcidiocesi di Port Moresby il vescovo Justin Ain Soongie, ausiliare della diocesi di Wabag e vice-presidente di Caritas Papua Nuova Guinea (CPNG), p. Giorio Licini, missionario del Pime e segretario generale della Conferenza episcopale e la direttrice nazionale della Caritas PNG, Mavis Tito.

In questo contesto il silenzio delle istituzioni è assordante. Mons. Ain Soongie ha testimoniato che a Wapenamanda, nella provincia di Enga, la popolazione si era rifiutata entrare nel conflitto tribale in corso e aveva chiesto alla polizia di intervenire e riportare la pace. “Hanno aspettato per tre settimane senza alcuna risposta; poi alla fine sono stati costretti a prendere in mano la situazione. Di conseguenza sono morte diverse persone e sono ingenti i danni alle infrastrutture, tra cui case, scuole, strutture sanitarie e chiese. Le persone non scelgono di morire, sono le élite ricche che sponsorizzano questi conflitti attraverso l’acquisto di armi e munizioni per gli uomini delle loro tribù. Mentre loro si godono una vita lussuosa in città, la gente muore in gran numero nei villaggi”.

Tra i gruppi più sanguinari di questa ondata di violenze ci sono anche “i cosiddetti guerrieri della preghiera [Prayer Warriors] che a volte si fanno anche chiamare 'Gruppo pastorale' [Ministry Group]. Il loro non è un gruppo e tantomeno un ministero riconosciuto dalla Chiesa cattolica, che anzi condanna le azioni dato che sono stati implicati in diversi casi di omicidio e sono legati ad accuse di stregoneria” spiegano da CPNG.  La direttrice della Caritas PNG, Mavis Tito ha spiegato che la Caritas PNG, in quanto organizzazione che promuove la dignità della persona umana, è profondamente preoccupata per i livelli senza precedenti di violenza che si verificano in diverse parti del Paese: “Chiediamo al governo di condannare tutte le azioni che ledono la dignità umana e di impegnarsi a sostenere questo principio”.

Sono proprio gli enti religiosi i primi a invertire la rotta, come spiega p. Licini che ha elogiato le parrocchie e ampie fette della società civile - compresi i media - per il loro sforzo congiunto nell'affrontare la violenza, ma ha anche chiesto attenzione a non diffondere notizie sbagliate: “I media stanno facendo un lavoro encomiabile - conclude il segretario della Conferenza episcopale - ma il 20 settembre il Post Courier ha riportato in prima pagina che il guerriero della preghiera arrestato fosse appartenente alla Chiesa cattolica. È un grave errore: le attività criminali e di stregoneria svolte da queste persone sono chiaramente disconnesse dalle loro Chiese”.

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