Card. Sfeir, i cristiani divisi si accordino almeno su sovranità, indipendenza e libertà del Liban
Il futuro presidente della Repubblica, a giudizio del patriarca maronita, deve essere "equidistante da tutti, uomo di esperienza e di fiducia, disinteressato".
Beirut (AsiaNews) Indipendenza, sovranità, libertà, il fatto che il Libano deve governarsi da solo sono i punti sui quali i cristiani libanesi, che sono attualmente divisi su due fronti, dovrebbero trovare un accordo. Lo chiede il patriarca maronita Nasrallah Sfeir, in una intervista alla televisione Al-Arabiya, nel corso della quale il porporato ha anche tracciato un profilo del futuro presidente della Repubblica, che deve essere "equidistante da tutti, uomo di esperienza e di fiducia, disinteressato".
Il capo della Chiesa maronita si è soffermato sull'analisi della situazione dei cristiani libanesi rispondendo ad una domanda sul generale Michel Aoun quale possibile capo dello Stato, una carica che in Libano è tradizionalmente riservata ad un cristiano. Il cardinale ha ricordato che "quando il generale Aoun era in esilio, noi sostenevamo che tutte le comunità avevano i loro capi, tranne i cristiani. E' per questo che noi chiedevamo continuamente la liberazione di Samir Geagea (che era in carcere, accusato di crimini commessi durante la guerra civile, n.d.r.) ed il ritorno di Aoun dall'esilio". Ora che ciò è accaduto, "costatiamo che Geagea e Aoun non sono dalla stessa parte, fatto che ha diviso i cristiani in due gruppi e io mi chiedo se questa divisione è nell'interesse dei cristiani o li danneggia". In effetti, il gruppo guidato da Aoun fa riferimento ad Hezbollah, e quindi a Siria e Iran, l'altro, che si riconosce in Geagea, si riconosce negli Usa e l'Europa. "Noi ha detto in proposito il patriarca non abbiamo lo stesso sentimento nei confronti dei due campi", ma, ha aggiunto "ci siamo espressi per dire che ci sono influenze internazionali sul Libano. E quando le nazioni si immischiano nei nostri affari, le cose si complicano".
Tornando a parlare della Presidenza della Repubblica, il cardinale ha sostenuto che "difendiamo la funzione presidenziale, che deve sempre avere prestigio e godere del rispetto di tutti. Ma quando essa si svuota delle sue funzioni, non è più possibile rispettarla. La Presidenza è una funzione precisa, ma quando le sue indicazioni cominciano ad essere ignorate, ciò indica che questa funzione è stata emarginata, e noi non la vogliamo così". Ma anche la questione della presidenza dela Repubblica, "riguarda solo i libanesi": Tocca a loro vedere se è possibile far dimettere il presidente o lasciargli terminare il suo mandato".
E' ancora "un accordo tra i libanesi", secondo il patriarca, a dover trovare una soluzione per la spinosa questione del disarmo di Hezbollah. Da realizzare nel dialogo, mai con la forza.