Card. Bagnasco: Solidarietà al vescovo di Tripoli; dialogo per la pace in Libia
Nella prolusione davanti al Consiglio permanente della Conferenza episcopale italiana, l’urgenza che l’Europa accolga insieme all’Italia i rifugiati del Nordafrica. Molto spazio dedicato anche ai sopravvissuti al terremoto in Giappone, alle Chiese perseguitate in Egitto, Iraq e Pakistan. Un ricordo per il “martire” Shahbaz Batthi.
Roma (AsiaNews) – “Noi crediamo che la strada della diplomazia sia la via giusta e possibile, forse tuttora desiderata dalle parti in causa, premessa e condizione per individuare una “via africana” verso il futuro invocato soprattutto dai giovani. Ma anche per evitare possibili spinte estremiste che avrebbero esiti imprevedibili e gravi”: è quanto ha affermato mons. Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza episcopale italiana (Cei), riferendosi alla guerra in corso in Libia.
Durante la sua prolusione al Consiglio permanente della Cei, egli ha citato le parole del papa e del vescovo di Tripoli, al quale ha espresso la sua solidarietà, rammaricandosi per “il ricorso alla forza che, contrapponendo tra loro i figli poveri di uno stesso popolo e di uno stesso continente, provoca dolore più grande e lutti – se possibile – ancora più drammatici”.
Il card. Bagnasco ha ricordato anche tutte le “rivoluzioni dei gelsomini” nel Nordafrica e in Medio oriente, in cui si mescolano “emergenze concretissime, obiettivi politico-ideologici ed interessi economici”, rendendo confusa la situazione. In ogni caso, egli ha pure sottolineato che questi eventi – ottusamente non previsti da tanti esperti - sono il segno che “l’aspirazione umana alle libertà fondamentali, al riconoscimento della dignità personale, prima o poi emerge nella coscienza dei singoli e dei popoli, sospingendo su percorsi non sempre univoci e ad esiti non ovunque corrispondenti a quelli auspicati”.
E sull’ondata di profughi che si sta abbattendo sulle coste italiane, il card. Bagnasco ha detto che “l’emergenza è comunitaria”, domandando al resto dell’Europa di “passare – come giustamente si è detto – da una ‘partnership della convenienza’ a quella della ‘convivenza’”. In ogni caso – ha ribadito – “continuare a ritenere interi popoli poveri come fastidiosi importuni non porterà lontano… Nei nuovi scenari, è un’illusione riuscire a piantonare le coste di un continente intero. È l’ora dunque di attuare quelle politiche di vera cooperazione che sole possono convincere i nostri fratelli a restare nella loro terra, rendendola produttiva”.
Il cardinale ha espresso solidarietà anche ai terremotati del Giappone, che “hanno dato al mondo una lezione formidabile di compostezza, determinazione e solidità” e verso i quali la Caritas italiana sta programmando aiuti in collaborazione con la Caritas giapponese.
Nella sua prolusione, il porporato ricorda anche i cristiani perseguitati in Egitto, dove “il dopo Mubarak non si è presentato per ora troppo diverso dalla precedente situazione, nonostante gli incoraggianti segnali di condivisione raccolti durante le manifestazioni di piazza”. Un pensiero anche ai cristiani “abbandonati” dell’Iraq, “ai quali vengono talora fatte promesse, senza che si esplichi poi alcuna concreta tutela”.
Infine un ricordo per il Pakistan, “dove grande impressione ha suscitato l’attentato nel quale è rimasto ucciso il ministro per le minoranze religiose Bhatti, un cristiano ora martire che si era a lungo impegnato per abrogare le leggi discriminatorie, di cui la più drammaticamente nota è quella sulla blasfemia, a causa della quale è a rischio anche la vita di Asia Bibi. Realmente non si riesce a comprendere come un Paese grande e importante come il Pakistan possa tollerare una situazione di illegalità tanto clamorosa e pesante”.
Il card. Bagnasco si è rallegrato perché “l’Unione Europea ha finalmente condannato le discriminazioni religiose e gli attacchi condotti anche contro i cristiani”, in una mozione di alcune settimane fa (cfr 22/02/2011 L’Europa timida balbetta una denuncia contro la persecuzione dei cristiani). “Bisogna ora – ha detto il porporato - che ci si batta in ogni sede internazionale per rendere, di conseguenza, inaccettabili le politiche che umiliano i cittadini, schiacciando ciò che nell’uomo è più sacro”.
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