Cappellano militare: i nostri marò in India aspettano il Natale
Roma (AsiaNews) - I marò Salvatore Girone e Massimiliano Latorre hanno "buone speranze" di tornare a casa per Natale. Lo conferma ad AsiaNews p. Giuseppe Faraci, missionario comboniano e cappellano militare, che ha seguito in prima persona i due militari, unici accusati per la morte di due pescatori indiani, nell'incidente del 15 febbraio scorso con la petroliera italiana Enrica Lexie, al largo delle coste del Kerala. Il prossimo 17 dicembre è il giorno in cui la Corte suprema dell'India dovrebbe emettere la sentenza definitiva sulla giurisdizione del caso. Un verdetto fondamentale, dal quale dipende il proscioglimento pieno dei due marò, al momento in libertà vigilata a Kochi. Anche Giulio Terzi, ministro italiano degli Esteri, si è detto "ottimista" e "convinto" di un imminente ritorno a casa, pur ribadendo "prudenza".
"Di solito - spiega p. Faraci - la Corte suprema non emette mai un verdetto prima di due-tre mesi circa. Siamo nei tempi: dal 28 agosto ci sono stati sei dibattimenti, il processo si è concluso il 4 settembre. Basandoci su questa consuetudine storica speriamo arrivi la sentenza. Prima era un azzardo sperare in un verdetto". Come il ministro Terzi, anche il missionario è cauto: "È una data che aspettiamo tutti, anche i ragazzi [i due marò, ndr] sono ottimisti. Ma nell'eventualità in cui non dovessero uscire, mi sto preparando per partire e fare il Natale con loro".
In attesa della sentenza, i due militari risiedono in un albergo di Kochi, città dove possono muoversi liberamente, telefonare alle proprie famiglie e ricevere visite senza restrizioni. "Ogni domenica vanno a messa - racconta p. Faraci ad AsiaNews -, io mando loro le prediche e le letture per aiutarli con l'inglese. In questi mesi hanno fatto un cammino umano e spirituale notevole, sono cresciuti. Il mio sogno, un giorno, sarebbe farli incontrare con le famiglie delle vittime, che sono persone meravigliose". In base alle condizioni poste per la libertà vigilata, i due militari hanno il divieto di incontrare i familiari dei pescatori uccisi, fino a processo concluso.
In generale, spiega il cappellano, "i due marò vivono in un ambiente umano e molto cordiale". Ma, sottolinea, "era così anche quando erano in prigione. Le guardie e il direttore li hanno sempre trattati con grande rispetto, avevano attenzioni e riguardo nei loro confronti. Hanno concesso visite di 5-6 ore; abbiamo portato loro un fornello elettrico, una caffettiera. Addirittura una sbarra per fare gli esercizi, che poteva essere un'arma".
Adesso, conclude p. Faraci, "possiamo solo aspettare, insieme a loro. Speriamo di poter annunciare presto la Pasqua anche a Natale". (GM)