Campagna mediatica della giunta contro Aung San Suu Kyi e i monaci
Mentre i generali danno segni di apertura alla comunità internazionale liberando prigionieri politici, sulla stampa governativa quotidianamente appaiono articoli confezionati ad hoc in cui i gruppi etnici condannano la “Signora” e l’operato dei bonzi. La popolazione: fittizio l’impegno della giunta per il dialogo.
Yangon (AsiaNews) – Segnali contrastanti giungono dal Myanmar dove a gesti di apertura del regime militare verso Onu e comunità internazionale corrisponde una martellante propaganda sui media di Stato contro il movimento dei monaci, cha ha osato scendere in piazza a settembre, e contro la leader democratica Aung San Suu Kyi, con la quale i generali si sono impegnati ad aprire colloqui. Tra la popolazione ormai si è radicata una precisa convinzione: il governo non ha nessuna intenzione di dialogare né con la Lega nazionale della democrazia (Lnd), il partito della Suu Kyi, né con i gruppi delle minoranze etniche.
Fonti di AsiaNews nel Paese raccontano che da quando l’inviato speciale Onu Gambari ha letto il messaggio in cui la “Signora” (come è chiamata dai birmani la Suu Kyi) si impegna per gli interessi di “tutte le realtà politiche e specialmente dei gruppi etnici”, sui giornali ogni giorno in prima pagina ci sono articoli firmati da gruppi di ribelli contrari alle parole di Suu Kyi. Si tratta di piccoli gruppi che hanno firmato un cessate-il-fuoco con le autorità, e le cui parole sono chiaramente dettate dai militari, che controllano ogni forma di comunicazione. Gli articoli denunciano che la “Signora” non li rappresenta e screditano anche l’operato dei bonzi. “Siamo sicuri – dicono da Yangon – questo è uno dei chiari segni che la giunta sta prendendo tempo davanti alla comunità internazionale con iniziative di facciata, mentre all’interno nulla cambia”.
È stata accolta infatti come un gesto di buona volontà, dai media internazionali, la liberazione ieri di 75 detenuti, tra cui 6 prigionieri politici. l’iniziativa del regime di Naypydaw ha seguito la partenza dell’inviato Onu per i diritti umani Pinheiro, che nei suoi 5 giorni di permanenza nella ex Birmania avrebbe stimato l’entità della repressione scatenata dai militari contro le manifestazioni pacifiche guidate dai monaci. Pinheiro, che non ha potuto incontrare il capo della giunta Than Shwe e nemmeno Suu Kyi, ha annunciato che tra due settimane renderà noti i risultati della sua missione.
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