Cambogiani a Madrid: La Gmg è la nostra consacrazione alla fede
di Giulia Mazza
Da Phnom Penh arrivano 31 persone, 28 ragazzi e tre accompagnatori. Il viaggio è “un dono prezioso del Signore”, da vivere con semplicità. Dal confronto con gli altri ragazzi, cercano una forza nuova per affrontare le difficoltà e far crescere l’ancora “acerba” Chiesa cambogiana.
Roma (AsiaNews) – “Per noi questo viaggio rappresenta una consacrazione: la consacrazione della nostra vita in nome della fede cristiana”. Parla così Sophal, uno degli accompagnatori della delegazione cambogiana alla Giornata mondiale della gioventù (Gmg, 16 – 21 agosto) di Madrid. Più di 10mila chilometri separano Phnom Penh e la Spagna: un viaggio lungo, che per qualche giorno ha portato il gruppo a Roma. Sono 31 persone: 28 giovani e tre accompagnatori, tra cui il vicario apostolico di Phnom Penh mons. Olivier Michel Marie Schmitthaeusler. La maggior parte di loro sono solo alla prima Gmg, ma anche al primo viaggio fuori del Paese. Un’occasione unica, un privilegio e una responsabilità: perché quella della Cambogia è una Chiesa giovane, “acerba”, tuttora in crescita.
Sophal ha 28 anni ed è uno dei responsabili della pastorale giovanile diocesana di Phnom Penh. Nei mesi passati, si è occupato di preparare il gruppo, curando l’aspetto tecnico – selezionare persone e reperire fondi – e organizzando tre incontri, perché i giovani potessero conoscersi meglio. Dopo Colonia, nel 2005, Madrid è la seconda Gmg a cui partecipa: “È difficile poter valutare un’esperienza del genere. In Germania, dove il tema era ‘Siamo venuti per adorarlo’ (Mt 2,2), ho capito che dovevo porre le fondamenta della mia vita in Gesù Cristo. Lì mi sono dato una regola di vita e spero che Madrid confermi questa scelta di vita”. Per Sophal, tre aspetti “pratici” rendono ancora più eccezionale questa esperienza: l’aver trovato i soldi necessari; l’occasione, come Chiesa cambogiana, di poter radunare e far incontrare tra loro giovani di diocesi lontane; che la Chiesa si stia prendendo cura di loro.
Anche Saroeun ha 28 anni; è della diocesi di Phnom Penh, ma per lui si tratta della prima Gmg: “Quando ho saputo di essere stato scelto ero felice, ma anche molto spaventato: a Madrid mi sarei confrontato con giovani che hanno una lunga tradizione cristiana, mentre in Cambogia le nuove generazioni stanno ricostruendo un cammino di fede, che è ancora molto debole”. Per questo, il giovane racconta di aver letto e studiato moltissimo nei mesi passati. “Desidero incontrare questi miei coetanei – prosegue –: vedere come vivono; il loro modo di presentare la fede; come affrontano la vita quotidiana. Da noi dobbiamo affrontare tante situazioni difficili, nel confrontarsi con la società che ci circonda e in generale nella vita quotidiana. Spesso ricevo molte critiche per la fede che vivo, perché in un certo senso non rispetta la cultura del mio Paese (buddista, ndr)… Ci sono momenti in cui è facile scoraggiarsi, perciò voglio vivere quest’esperienza con l’intenzione di trovare una nuova forza”.
Nel 1975, con l’instaurazione del regime di Pol Pot venne proclamato l’ateismo di Stato. I cristiani - e tutte le religioni - subirono una persecuzione senza precedenti: nel giro di pochi anni la Chiesa cambogiana venne smembrata, i luoghi di culto distrutti e i sacerdoti – quando non assassinati – uccisi dalla penuria e dai lavori forzati. Tutti i missionari furono espulsi. Soltanto nel 1990 il Paese ha riaperto la libertà alla Chiesa.
I ragazzi hanno appreso un’importante lezione anche visitando le basiliche San Pietro, San Paolo e le catacombe di S. Callisto: “Vedendo quei luoghi e sentendo le storie delle persecuzioni e dei primi martiri – racconta il ragazzo – ho capito attraverso quante sofferenze è passato il cristianesimo. Quando ritornerò in Cambogia, spero di poter dare anche questa testimonianza e fare in modo che la Chiesa cresca”.
“È un dono prezioso del Signore, una cosa fantastica”. Sokhoeun, 22 anni, è forse la più emozionata dei giovani incontrati. Della diocesi di Kompong Chan, di cui fa parte, solo quattro sono stati scelti e lei è l’unica della sua provincia. Per prepararsi, ha visto molte immagini e diapositive delle Gmg passate. In un primo momento “vedere così tanta gente – racconta – mi ha spaventato, ma anche colpito per come stavano insieme. Voglio vivere quest’esperienza con semplicità e con il sorriso, cercando di godere di tutto quello che mi verrà dato”. La ragazza conclude: “Il confronto con altri giovani che vivrò tra poco, ha scatenato qualcosa di nuovo in me: una conoscenza, un approfondimento nuovo della fede, col desiderio di tornare su questo cammino anche nel mio Paese”.
Sophal ha 28 anni ed è uno dei responsabili della pastorale giovanile diocesana di Phnom Penh. Nei mesi passati, si è occupato di preparare il gruppo, curando l’aspetto tecnico – selezionare persone e reperire fondi – e organizzando tre incontri, perché i giovani potessero conoscersi meglio. Dopo Colonia, nel 2005, Madrid è la seconda Gmg a cui partecipa: “È difficile poter valutare un’esperienza del genere. In Germania, dove il tema era ‘Siamo venuti per adorarlo’ (Mt 2,2), ho capito che dovevo porre le fondamenta della mia vita in Gesù Cristo. Lì mi sono dato una regola di vita e spero che Madrid confermi questa scelta di vita”. Per Sophal, tre aspetti “pratici” rendono ancora più eccezionale questa esperienza: l’aver trovato i soldi necessari; l’occasione, come Chiesa cambogiana, di poter radunare e far incontrare tra loro giovani di diocesi lontane; che la Chiesa si stia prendendo cura di loro.
Anche Saroeun ha 28 anni; è della diocesi di Phnom Penh, ma per lui si tratta della prima Gmg: “Quando ho saputo di essere stato scelto ero felice, ma anche molto spaventato: a Madrid mi sarei confrontato con giovani che hanno una lunga tradizione cristiana, mentre in Cambogia le nuove generazioni stanno ricostruendo un cammino di fede, che è ancora molto debole”. Per questo, il giovane racconta di aver letto e studiato moltissimo nei mesi passati. “Desidero incontrare questi miei coetanei – prosegue –: vedere come vivono; il loro modo di presentare la fede; come affrontano la vita quotidiana. Da noi dobbiamo affrontare tante situazioni difficili, nel confrontarsi con la società che ci circonda e in generale nella vita quotidiana. Spesso ricevo molte critiche per la fede che vivo, perché in un certo senso non rispetta la cultura del mio Paese (buddista, ndr)… Ci sono momenti in cui è facile scoraggiarsi, perciò voglio vivere quest’esperienza con l’intenzione di trovare una nuova forza”.
Nel 1975, con l’instaurazione del regime di Pol Pot venne proclamato l’ateismo di Stato. I cristiani - e tutte le religioni - subirono una persecuzione senza precedenti: nel giro di pochi anni la Chiesa cambogiana venne smembrata, i luoghi di culto distrutti e i sacerdoti – quando non assassinati – uccisi dalla penuria e dai lavori forzati. Tutti i missionari furono espulsi. Soltanto nel 1990 il Paese ha riaperto la libertà alla Chiesa.
I ragazzi hanno appreso un’importante lezione anche visitando le basiliche San Pietro, San Paolo e le catacombe di S. Callisto: “Vedendo quei luoghi e sentendo le storie delle persecuzioni e dei primi martiri – racconta il ragazzo – ho capito attraverso quante sofferenze è passato il cristianesimo. Quando ritornerò in Cambogia, spero di poter dare anche questa testimonianza e fare in modo che la Chiesa cresca”.
“È un dono prezioso del Signore, una cosa fantastica”. Sokhoeun, 22 anni, è forse la più emozionata dei giovani incontrati. Della diocesi di Kompong Chan, di cui fa parte, solo quattro sono stati scelti e lei è l’unica della sua provincia. Per prepararsi, ha visto molte immagini e diapositive delle Gmg passate. In un primo momento “vedere così tanta gente – racconta – mi ha spaventato, ma anche colpito per come stavano insieme. Voglio vivere quest’esperienza con semplicità e con il sorriso, cercando di godere di tutto quello che mi verrà dato”. La ragazza conclude: “Il confronto con altri giovani che vivrò tra poco, ha scatenato qualcosa di nuovo in me: una conoscenza, un approfondimento nuovo della fede, col desiderio di tornare su questo cammino anche nel mio Paese”.
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