21/01/2006, 00.00
CAMBOGIA
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Cambogia verso la dittatura, la gente ha paura di protestare

Per molti il regime autoritario di Hun Sen ricorda quello dei Khmer rossi. Carcere per chi critica il governo e si oppone. I donatori internazionali danno miliardi di dollari al governo, senza chiedere il rispetto per i diritti.

Phnom Penh (AsiaNews/Agenzie) – A meno di 15 anni dalla liberazione della Cambogia, il Paese di avvia verso un regime autoritario. Messi a tacere gli oppositori, solo la comunità internazionale – dicono gli esperti – può ancora intervenire.

A seguito delle pressioni di tutto il mondo, il 17 gennaio sono stati liberati 4 attivisti per i diritti civili, detenuti con l'accusa di avere diffamato il governo. Sono Kem Sokha e Pa Nguon Teang, leader di gruppi per la tutela dei diritti; Rong Chhun, capo dell'unione commerciale e il giornalista Mam Sonando. Ma per tutti rimane il rischio di una grave condanna per avere diffamato il premier Hun Sen, per l'accordo sui confini firmato a ottobre con il Vietnam.

Gli analisti denunciano i sistematici arresti di chi critica e si oppone al governo, per reati previsti da vecchie leggi. "C'è l'impressione – dice Yash Ghai, rappresentante speciale per la Cambogia per le Nazioni unite – che il sistema giudiziario sia utilizzato dal governo per occuparsi di oppositori politici e di esponenti della società civile." "Utilizzano leggi molto vecchie, superate e ormai ingiuste per sottoporre le persone a processi. Il sistema giudiziario sa cosa ci si aspetta da esso".

Sam Rainsy, leader dell'opposizione al governo, vive in esilio in Francia dopo che all'inizio del 2005 è stato privato dell'immunità parlamentare. Lo scorso mese è stato condannato a 18 anni di carcere per avere diffamato Hun Sen e il principe Norodom Ranariddh, suo alleato di governo. Cheam Channy, deputato dell'opposizione, nell'agosto 2005 è stato condannato a 7 anni di carcere per un complotto contro il governo. Altri oppositori o critici sono in carcere o in esilio volontario per il timore di essere arrestati. Il 18 gennaio Kem Sokha, appena rilasciato, ha iniziato a chiedere l'abolizione del reato di diffamazione, per impedirne l'uso contro chi critica il governo.

Il passato recente della Cambogia è pieno di violenza. Tra il 1975 e il 1979 durante il regime degli Khmer rossi sono state uccisi almeno 1,7 milioni di persone. Ha seguito  un decennio di dominazione vietnamita, con impoverimento e guerra civile, fino al 1992 con la dichiarazione per la pace e la libertà del Paese sotto l'intervento dell'Onu.

Ma da anni il potere è stato preso dall'ex comunista Partito cambogiano del popolo, guidato da Hun Sen, ex Khmer rosso, che ha la maggioranza all'Assemblea nazionale e controlla l'esercito e l'apparato burocratico. Nelle elezioni del 2003 ha vinto la coalizione tra Hun Sen e il principe Ranariddh, figlio dell'ex re Norodom Sihanouk.

"Il governo cambogiano – dice Rainsy - diventa sempre più repressivo. Si muove verso un totalitarismo, simile al regime del Myanmar". "L'evoluzione verso [il controllo da parte di] un partito unico – denuncia Basil Fernando, direttore di Asian Human Rights Commission – è stata compiuta con l'uso della forza. Vi sono stati omicidi e intimidazioni e tentativi di brogli elettorali". Il risultato è un clima di paura che ricorda il periodo dei Khmer rossi.

Hun Sen respinge le critiche, dicendo che le elezioni sono state democratiche e che tutti i condannati hanno commesso illeciti.

Gli oppositori – aggiunge Ghai – hanno ormai paura a parlare, è tempo che si muova la comunità internazionale. "La metà dei fondi dello Stato – spiega – viene fornita da enti multilaterali e internazionali. Questi soggetti possono intervenire e il governo deve fare attenzione alle proteste di questi donatori".

"Miliardi di dollari Usa – dice Rainsy – sono sciupati per la corruzione, che prospera per la mancanza di democrazia e per l'autoritarismo". "I donatori debbono controllare che ci sia un minimo rispetto della legge, di trasparenza e di democrazia", oppure togliere i fondi. (PB)

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