Calma tesa e scioperi in Kazakistan, dopo 3 giorni di scontri e morti
Esplode la protesta di piazza degli operai del petrolio, in sciopero da mesi nell’indifferenza del governo. La polizia spara sui dimostranti, pesante bilancio di morti e feriti. L’esercito controlla la zona, bloccati telefoni cellulari e internet, decine di arresti. Le autorità parlano di delinquenti comuni, ma lo sciopero prosegue.
Astana (AsiaNews/Agenzie) – C’è una calma tesa ad Aqtau, città di 190mila abitanti capoluogo della provincia di Mangistau nel Kazakistan occidentale, dopo i violenti scontri tra manifestanti e polizia dei giorni scorsi, con un pesante bilancio di morti e feriti. Qui ieri centinaia di persone hanno dimostrato davanti al municipio, sotto il controllo vigile della polizia in tenuta antisommossa che presidia le vie centrali.
Gli scontri sono esplosi il 16 dicembre nella vicina città di Zhanaozen dove gli operai del petrolio, in sciopero da mesi, sono scesi in piazza in corrispondenza del 20mo anniversario dell’indipendenza del Paese dall’Unione Sovietica. La folla ha assalito e cercato di incendiare il municipio, la sede di una compagnia petrolifera locale e decine di edifici e veicoli. Ci sono stati duri scontri con la polizia con 11 morti e almeno 86 feriti secondo dati ufficiali. Testimoni oculari accusano la polizia di avere sparato contro dimostranti disarmati, ma le autorità insistono che hanno agito solo per difesa. Ci sono stati almeno 70 arresti.
Il presidente Nursultan Nazarbayev, che guida il Paese dal crollo dell’Unione Sovietica, il 17 dicembre ha proclamato 20 giorni di stato di emergenza, con coprifuoco, divieto di riunioni e restrizioni della libertà di movimento. Zhanaozen è “calma”: fonti locali dicono che dal 17 dicembre l’esercito ha bloccato le vie circostanti la città e la presidia con forze ed elicotteri in continuo volo, sono bloccati internet e telefoni cellulari.
Ma la protesta si è estesa al villaggio di Shetpe, dove il 17 dicembre dimostranti hanno bloccato la linea ferroviaria. Ci sono stati nuovi scontri con la polizia con un morto e almeno 12 feriti.
Le proteste di piazza, esplose dopo mesi di sciopero dei lavoratori petroliferi, non accennano a calmarsi, ma le autorità sembrano determinate a stroncarle con la forza e cercano di impedire la diffusione di notizie: Ilya Azar e altri 2 giornalisti russi sono stati arrestati ieri nella zona. Rilasciati in serata, hanno lasciato la zona.
Da ieri i lavoratori petroliferi della città di Zhetibai sono in sciopero, sono scesi in piazza chiedendo “indagini” sugli scontri di Zhanaozen.
Nazabayev ha dichiarato che i dimostranti sono “delinquenti comuni” che non vanno confusi con i lavoratori petroliferi in sciopero da maggio per chiedere migliori salari e condizioni di lavoro. Governo e compagnie petrolifere statali hanno scelto una linea durissima, licenziando circa 1.000 lavoratori e arrestando diversi leader della protesta, nonostante perdite per centinaia di milioni di dollari. In risposta centinaia di operai si sono accampati per le vie di Zhanaozen, proseguendo la protesta.
Nel 2011 nel Paese ci sono state altre proteste, oltre che a Zhanaozen. A maggio sono scesi in piazza nel porto di Aktao sul Mar Caspio gli operai del giacimento di Karazhanbasmunai, sfruttato dalla statale Kazmunai gas insieme a una compagnia statale cinese; la polizia ha caricato e disperso la folla e la compagnia kazaka ha licenziato 993 dipendenti.
Gli scontri sono esplosi il 16 dicembre nella vicina città di Zhanaozen dove gli operai del petrolio, in sciopero da mesi, sono scesi in piazza in corrispondenza del 20mo anniversario dell’indipendenza del Paese dall’Unione Sovietica. La folla ha assalito e cercato di incendiare il municipio, la sede di una compagnia petrolifera locale e decine di edifici e veicoli. Ci sono stati duri scontri con la polizia con 11 morti e almeno 86 feriti secondo dati ufficiali. Testimoni oculari accusano la polizia di avere sparato contro dimostranti disarmati, ma le autorità insistono che hanno agito solo per difesa. Ci sono stati almeno 70 arresti.
Il presidente Nursultan Nazarbayev, che guida il Paese dal crollo dell’Unione Sovietica, il 17 dicembre ha proclamato 20 giorni di stato di emergenza, con coprifuoco, divieto di riunioni e restrizioni della libertà di movimento. Zhanaozen è “calma”: fonti locali dicono che dal 17 dicembre l’esercito ha bloccato le vie circostanti la città e la presidia con forze ed elicotteri in continuo volo, sono bloccati internet e telefoni cellulari.
Ma la protesta si è estesa al villaggio di Shetpe, dove il 17 dicembre dimostranti hanno bloccato la linea ferroviaria. Ci sono stati nuovi scontri con la polizia con un morto e almeno 12 feriti.
Le proteste di piazza, esplose dopo mesi di sciopero dei lavoratori petroliferi, non accennano a calmarsi, ma le autorità sembrano determinate a stroncarle con la forza e cercano di impedire la diffusione di notizie: Ilya Azar e altri 2 giornalisti russi sono stati arrestati ieri nella zona. Rilasciati in serata, hanno lasciato la zona.
Da ieri i lavoratori petroliferi della città di Zhetibai sono in sciopero, sono scesi in piazza chiedendo “indagini” sugli scontri di Zhanaozen.
Nazabayev ha dichiarato che i dimostranti sono “delinquenti comuni” che non vanno confusi con i lavoratori petroliferi in sciopero da maggio per chiedere migliori salari e condizioni di lavoro. Governo e compagnie petrolifere statali hanno scelto una linea durissima, licenziando circa 1.000 lavoratori e arrestando diversi leader della protesta, nonostante perdite per centinaia di milioni di dollari. In risposta centinaia di operai si sono accampati per le vie di Zhanaozen, proseguendo la protesta.
Nel 2011 nel Paese ci sono state altre proteste, oltre che a Zhanaozen. A maggio sono scesi in piazza nel porto di Aktao sul Mar Caspio gli operai del giacimento di Karazhanbasmunai, sfruttato dalla statale Kazmunai gas insieme a una compagnia statale cinese; la polizia ha caricato e disperso la folla e la compagnia kazaka ha licenziato 993 dipendenti.
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