Bush chiede libertà religiosa alla Cina, Pechino convoca ambasciatore Usa
Non si fermano le polemiche innestate dall’incontro fra il presidente americano – che chiede a Pechino piena libertà religiosa per il Paese – ed il Dalai Lama, a cui il Congresso Usa ha conferito la medaglia d’oro.
Pechino (AsiaNews/Agenzie) – "Una sfrontata interferenza negli affari interni della Cina, che ferisce la sensibilità del popolo cinese e mina gravemente le relazioni tra la Cina e gli Stati Uniti". E’ il commento ufficiale rilasciato ieri dal ministero degli Esteri cinese a proposito del conferimento della Medaglia d’oro del Congresso statunitense al Dalai Lama e dell’incontro fra il leader buddista ed il presidente Bush.
Secondo diversi analisti, la violenta reazione cinese poggia sulle dichiarazioni rilasciate dal presidente Bush dopo l’incontro con il leader buddista. Davanti ai media di tutto il mondo, Bush ha invitato la Cina a concedere piena libertà religiosa ai suoi cittadini e terminare la repressione culturale e politica del Tibet, occupato dalle truppe di Mao nel ’50 e da allora annesso alla Repubblica popolare cinese.
Subito dopo queste dichiarazioni, Yang Jiechi (ministro degli Esteri di Pechino), ha convocato l’ambasciatore americano in Cina. Ignoto il contenuto del colloquio, anche se Liu Jianchao (portavoce del dicastero), ha dichiarato subito dopo l’incontro che il riconoscimento al Dalai Lama è “'una plateale interferenza nelle questioni interne cinesi, che ha colpito i sentimenti dei cinesi e gravemente danneggiato le relazioni degli Stati Uniti con la Cina”.
Liu ha poi aggiunto che “il Tibet è una regione inalienabile del territorio cinese, ed il problema della sua gestione è competenza esclusiva del governo di Pechino”. Proprio per questo, “la Cina si oppone fermamente all'uso da parte di qualsiasi Paese o persona della questione del Dalai Lama per interferire nei suoi affari interni. Le parole e le azioni del Dalai Lama negli ultimi dieci anni dimostrano che è un rifugiato politico impegnato in attività separatiste con la maschera della religione”.
Quindi, ha concluso, “il cosiddetto riconoscimento del Congresso conferito al Dalai Lama e l'incontro con i leader americani hanno gravemente calpestato le norme del diritto internazionale e violato la reiterata posizione del governo americano sulla questione del Tibet. Esprimiamo la nostra forte insoddisfazione e decisa opposizione per quanto accaduto”.
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