Borneo, attivisti denunciano il massacro degli orangotango
di Mathias Hariyadi
Gli animali sono vittime di una campagna di macellazione iniziata nel 2008 e continuata grazie alla connivenza di polizia e autorità. Dietro le uccisioni vi sarebbero compagnie proprietarie delle piantagioni di palme. Le coltivazioni hanno preso il posto della foresta, alterando l’habitat naturale dei primati.
Jakarta (AsiaNews) – Gli orangotango del Borneo sono vittime di una campagna di macellazione di massa iniziata nel 2008, che mette a repentaglio la sopravvivenza stessa di una specie rara. La presenza dei primati nella provincia di East Kalimantan, infatti, è considerata un serio ostacolo alla diffusione di piantagioni di palma da olio nella regione. Invece di proteggere i primati a rischio estinzione dal commercio illegale e dalle uccisioni, le autorità hanno coperto a lungo i massacri fino alla denuncia apparsa sui media locali la scorsa settimana.
Allertata dagli attivisti, la polizia ha ispezionato la zona di Puan Cepak, nel sotto-distretto di Kutai Kartanegara, ma non ha preso alcun provvedimento per “mancanza di prove” evidenti. Sulla vicenda era intervenuto anche Awang Farouk Ishak, governatore della provincia di East Kalimantan, secondo cui “non è in atto alcun massacro”. Tuttavia, la campagna mediatica lanciata dai giornali nazionali ha costretto le forze dell’ordine ad approfondire l’inchiesta.
Il lavoro di indagine e ricerca ha visto impegnati attivisti e ambientalisti della locale Mulawarman University a Samarinda, capoluogo di provincia, guidati dal professor Yaya Rayadin. Egli conferma che dal 2008 è in atto un massacro degli orangotango, in particolare nelle piantagioni di palme – che nel tempo hanno sottratto sempre più spazio alle foreste – di proprietà di una compagnia malaysiana. Gli orangotango possono adattarsi anche al nuovo habitat, avverte lo scienziato, nutrendosi delle stesse palme. Ecco perché gli animali sono diventati obiettivo di caccia, considerati “predatori” capaci di mangiare “fino a 40 piante al giorno”.
Nei giorni scorsi gli agenti, durante una retata, hanno fermato due persone sospettate di aver ucciso per denaro diversi esemplari. Per l’abbattimento di una scimmia, i bracconieri ricevono 200mila rupie (circa 22 dollari); il prezzo sale fino a 1 milione di rupie (120 dollari) nel caso di un orangotango. I due arrestati hanno confessato di averne uccise 20 nel biennio 2008-2010; tuttavia, gli investigatori ritengono che il numero sia di gran lunga più elevato. Nel mirino degli inquirenti sono finiti anche due alti funzionari della compagnia malaysiana, ritenuti gli artefici della campagna di macellazione dei primati.
Allertata dagli attivisti, la polizia ha ispezionato la zona di Puan Cepak, nel sotto-distretto di Kutai Kartanegara, ma non ha preso alcun provvedimento per “mancanza di prove” evidenti. Sulla vicenda era intervenuto anche Awang Farouk Ishak, governatore della provincia di East Kalimantan, secondo cui “non è in atto alcun massacro”. Tuttavia, la campagna mediatica lanciata dai giornali nazionali ha costretto le forze dell’ordine ad approfondire l’inchiesta.
Il lavoro di indagine e ricerca ha visto impegnati attivisti e ambientalisti della locale Mulawarman University a Samarinda, capoluogo di provincia, guidati dal professor Yaya Rayadin. Egli conferma che dal 2008 è in atto un massacro degli orangotango, in particolare nelle piantagioni di palme – che nel tempo hanno sottratto sempre più spazio alle foreste – di proprietà di una compagnia malaysiana. Gli orangotango possono adattarsi anche al nuovo habitat, avverte lo scienziato, nutrendosi delle stesse palme. Ecco perché gli animali sono diventati obiettivo di caccia, considerati “predatori” capaci di mangiare “fino a 40 piante al giorno”.
Nei giorni scorsi gli agenti, durante una retata, hanno fermato due persone sospettate di aver ucciso per denaro diversi esemplari. Per l’abbattimento di una scimmia, i bracconieri ricevono 200mila rupie (circa 22 dollari); il prezzo sale fino a 1 milione di rupie (120 dollari) nel caso di un orangotango. I due arrestati hanno confessato di averne uccise 20 nel biennio 2008-2010; tuttavia, gli investigatori ritengono che il numero sia di gran lunga più elevato. Nel mirino degli inquirenti sono finiti anche due alti funzionari della compagnia malaysiana, ritenuti gli artefici della campagna di macellazione dei primati.
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