Birmani vittime dello tsunami "inesistenti" per Bangkok e Yangon
Molti migranti illegali birmani, morti sulle coste thailandesi in seguito all'onda anomala del dicembre scorso, "invisibili" per le autorità. Familiari lasciati soli dalle Ong. Leader della comunità: "Siamo esseri umani anche noi, in fondo".
Phuket (AsiaNews/Scmp) Più di 70 birmani morti in Thailandia durante lo tsunami del 26 dicembre scorso non possono essere seppelliti perché "non riconosciuti" né dalla giunta militare di Yangon né da Bangkok. I corpi sono stati identificati sia dai parenti che dal Gruppo di identificazione vittime dello tsunami thailandese, che opera sull'isola di Phuket, ma i rappresentanti ufficiali del governo di Bangkok rifiutano di lasciare partire i corpi per la sepoltura finchè la giunta militare di Yangon non riconosce in modo ufficiale che sono loro cittadini: fino ad ora, il governo del Myanmar ha rifiutato di farlo.
Sulle coste thailandesi lavorano oltre 100 mila espatriati birmani, ma la giunta sostiene di non avere alcuna responsabilità sulla loro sorte in quanto fuggiti dal Paese in modo illegale, spesso via mare. Le autorità thailandesi riconoscono gli espatriati che, pur essendo entrati illegalmente nel Paese, ottengono un contratto lavorativo, ma non riconosce e spesso espelle chi lavora in nero. L'equipe di Riconoscimento vittime internazionale, composta in origine da membri di oltre 30 nazioni, sostiene in modo ufficiale che la questione riguarda Bangkok.
Un rappresentante dell'Organizzazione internazionale per i migranti, organismo non governativo che si occupa di dare assistenza ai lavoratori espatriati, afferma che il dialogo tra Yangon e Bangkok sulla questione si è interrotto perché la giunta militare rifiuta di ammettere l'esistenza di questi sfortunati migranti illegali. Le famiglie delle vittime sono intrappolate senza alcun aiuto al centro di questa contesa, pur essendo state incoraggiate dai gruppi di identificazione a superare la paura delle autorità di entrambe le nazioni per riconoscere i loro parenti dispersi.
Dopo gli inviti pressanti, i gruppi stanno abbandonando le famiglie. Htoo Chit, leader della comunità birmana espatriata, ha detto ieri: "Vorremmo che si occupasse della questione la comunità internazionale. Siamo esseri umani anche noi, in fondo". Ora che la maggior parte delle vittime occidentali dello tsunami è stata identificata, il gruppo di riconoscimento abbandona invece l'isola di Phuket: è atteso fra poche settimane lo spostamento del quartier generale a Bangkok.
Ironicamente, sono proprio i lavoratori birmani illegali che stanno ricostruendo le infrastrutture turistiche dell'isola. Le nuove "torri di controllo" che si stanno costruendo manderanno messaggi in 5 lingue per avvertire gli isolani in caso di nuove scosse di terremoto, per non ripetere il caos e la disinformazione che hanno contraddistinto le prime fasi dell'onda anomala del 26 dicembre. La comunità birmana è la più numerosa fra le minoranze presenti sulla costa, ma la loro lingua non è fra le 5 prescelte.