04/05/2011, 00.00
ISLAM
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Bin Laden “ucciso” dalla rivoluzione dei gelsomini

di Bernardo Cervellera
Negli ultimi anni l’appoggio allo sceicco del terrore e ad Al Qaeda sono scesi ai minimi storici, anche in Pakistan. Secondo i musulmani, Bin Laden è “una macchia nera” nella storia dell’islam. I giovani del Cairo e di Tunisi erano già da tempo lontani dal Jihad e dalla strategia del terrore, favorevoli alla democrazia per tutti e non a un califfato islamico.
Roma (AsiaNews) – La notizia dell’uccisione di Osama Bin Laden, il fondatore e leader di Al Qaeda, ha fatto esultare molti giovani a Washington e a Ground Zero (New York), ma oggi i timori di tutti sono spostati verso possibili azioni di vendetta da parte dei terroristi islamici.
 
Tutti i leader politici mondiali hanno dichiarato che “la guerra al terrorismo non è finita” e le forze di sicurezza negli Usa e nel mondo sono impegnate a prevenire ogni possibile attacco a uffici e ambasciate in patria e all’estero.
 
Non bisogna abbassare la guardia e lo sanno soprattutto i nostri fratelli e sorelle del Pakistan e dell’Iraq che in questi anni hanno ricevuto le piaghe più sanguinanti proprio a causa di Al Qaeda.
Mons. Saldanha, arcivescovo emerito di Lahore, ha dichiarato che in questa situazione i cristiani sono un “facile obiettivo” per chi voglia scatenare una guerra con connotati religiosi fra l’oriente (islamico) e l’occidente (cosiddetto) cristiano.
 
Lo stesso hanno detto ad AsiaNews fonti ecclesiali in Iraq, le quali ricordano che “Bin Laden ha creato tutta una scuola” , una “generazione indottrinata da lui”, che tenta di eliminare tutto ciò che non è “islam del medioevo”.
 
Ma pur con tutte le cautele del caso – e nel timore di futuri violenti sviluppi – va detto che nel mondo islamico non vi sono state molte dimostrazioni di odio, bandiere bruciate, manichini impiccati, come è avvenuto in tante altre occasioni di scontro fra oriente e occidente. Al di là di una manifestazione a Quetta (Pakistan) e a Karachi, di messaggi di vendetta via internet e una preoccupante dichiarazione di Hamas, ci pare notare una stanchezza nel mondo fondamentalista islamico. O più precisamente: il mondo musulmano si è ormai distanziato sempre più dagli eroi a cavallo e nascosti nelle caverne dei monti afghani.
 
In un sondaggio del Pew Research Center, avvenuto poche settimane prima della morte di Bin Laden e pubblicato (con grande tempismo) ieri, mostra che in tutti questi anni l’appoggio dei musulmani ad Al Qaeda è sceso in modo inesorabile.
 
Fra Paesi islamici, oggi i maggiori sostenitori di Osama Bin Laden sono i palestinesi, con il 34% dei musulmani (ma solo nel 2005 erano il 57% e nel 2003 il 72%). In Indonesia, il Paese musulmano più popoloso, la stima per lo sceicco del terrore è scesa dal 59% nel 2003 al 26% nel 2011; in Egitto è al 22% (nel 2006 era del 27%); in Giordania essa è passata dal 56% nel 2003 al 13% nel 2011. Nei Paesi più “laici” come la Turchia, si è passati dal 19% (2003) al 3% (2011); in Libano, dal 19% (2003) all’1% oggi.
 
E perfino in Pakistan, un Paese sottoposto a un’influenza talebana fra le più schiaccianti, si è giunti al 18% (nel 2010 – dati del 2011 non ancora pubblicati): era del 46% nel 2003.
 
In tutti questi Paesi, anche la stima per Al Qaeda non supera il 20% (con minimi di 5 e 2% rispettivamente per Turchia e Libano), ma vi sono punte di 60-65% di contrarietà all’organizzazione terrorista.
 
Questo basso apprezzamento si spiega col fatto che le azioni terroriste di Bin Laden & C hanno fatto migliaia di vittime anzitutto fra i musulmani. Inoltre, è stato proprio il progetto terrorista di Al Qaeda a gettare sull’islam le critiche più veementi. “Osama ha fatto male all’islam più di chiunque altro”, ha commentato un fedele del Cairo. E il premier libanese Saad Hariri ha dichiarato: “Il danno inflitto da Osama Bin Laden all’immagine dell’islam e alle cause arabe è pari al danno inflitto dai nemici delle cause musulmane nel mondo. [Bin Laden] è stato per due decenni consecutivi un macchia nera in questa storia, che ha introdotto la cultura dell’uccidere, del terrorismo, della distruzione, del sabotaggio nella mente di migliaia di giovani”.
 
Ma proprio nel mondo dei giovani si è generato il più grande cambiamento e la più grande distanza da Bin Laden e dai suoi progetti. Dallo scorso dicembre, le dimostrazioni non violente e interconfessionali in Tunisia, Egitto e altrove, sono riuscite a scalzare o a mettere in crisi dittatori medio-orientali non usando l’arma del terrorismo, ma quella della democrazia. Questi giovani non sognano un califfato dal Golfo arabico fino all’Atlantico, ma vogliono contribuire al bene della loro nazione; non ubbidendo a un capo religioso o militare, ma a rappresentanti eletti dal popolo.
 
È vero che salafiti e Fratelli musulmani cercano di limitare i danni soffocando la loro rappresentatività, ma i giovani della “rivoluzione del gelsomino” continuano a proporre una cittadinanza piena per tutti (cristiani e musulmani) e un pensiero individuale, non massificato, che sa dialogare e confrontarsi, tutti elementi sconosciuti o negati dal mondo di al Qaeda.
 
In qualche modo Bin Laden, prima che dal blitz americano, è stato sconfitto anzitutto all’interno dello stesso mondo islamico.
 
Per questo, a nostro sommesso parere, la lotta al terrorismo deve riguardare non solo azioni militari e di sicurezza, ma amicizia e sostegno a questi giovani, offrendo collaborazione economica e culturale.
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