17/09/2009, 00.00
INDIA – BHUTAN
Invia ad un amico

Bhutan, dissidente in esilio: processo di democratizzazione, operazione “di facciata”

Libertà religiosa, indipendenza della magistratura, libertà di stampa e rispetto per i diritti umani sono questioni irrisolte. Il piccolo Stato himalayano, retto da una monarchia, è teatro di persecuzioni a sfondo confessionale e repressione della dissidenza interna.
Delhi (AsiaNews) – Il processo di democratizzazione del Bhutan è un’operazione “di facciata”, che "esiste solo sulla carta”, ma non ha riscontri concreti per la popolazione. È la pesante accusa lanciata da Karma Duptho, segretario del Druk National Congress, movimento politico bhutanese in esilio. Dai rifugiati in Nepal alla libertà di stampa, dall’indipendenza della magistratura al rispetto dei diritti umani, alla libertà religiosa, sono ancora molte le questioni irrisolte per il piccolo Stato a regime monarchico, situato nella catena himalayana e schiacciato dai giganti Cina e India.
 
In tema di libertà religiosa, il segretario di Druk National Congress spiega che era “assente fino alla promulgazione della Costituzione” nel 2008, ma anche adesso “non si può essere certi che venga applicata”. Vi sarebbero infatti testimonianze secondo cui “la cultura e la religione buddista sono imposte alla gente comune” e i fedeli di altre religioni “sono a rischio di attacchi, arresti e altre forme di persecuzione” tra cui “detenzioni arbitrarie e arresti”.
 
I buddismo è la religione di Stato, ma alcune sette o movimenti minori vengono repressi nel sangue, come è avvenuto nel 1997 con i buddisti Nyingmapa, che ha causato morti e arresti. Dall’anno scorso, con l’introduzione della legge fondamentale dello Stato, “gli arresti arbitrari sono illegali”, ma rimane “vietato il proselitismo” e non è chiaro se permanga il “divieto di costruzione per le chiese”.
 
“L’indipendenza del sistema giudiziario – continua – è un principio fondamentale della democrazia. E non esiste in Bhutan”. La conferma arriva dagli “oltre 200 prigionieri politici” rinchiusi nelle carceri del Paese, molti dei quali colpevoli di aver partecipato “alle manifestazioni pacifiche degli anni ’90 a favore della democrazia e dei diritti umani”. I prigionieri politici hanno trascorso “più di 17 anni in cella” e a questi si aggiungono “altre centinaia arrestati nel 2007”, persone impegnate in “attività politiche contrarie al credo e all’ideologia” sbandierate dal regime di Thimphu. “La maggior parte di loro – afferma Karma Duptho – sono stati accusati di rivolta e tradimento, con condanne variabili dai 15 anni di prigione all’ergastolo”. Il sistema giudiziario – strumento della democrazia – è tuttora “sotto controllo del Re” Jigme Khesar Namgyel Wangchuck, quinto monarca del Bhutan, salito al potere nel dicembre 2006 – il più giovane capo di Stato del pianeta – a soli 26 anni.
 
Altro capitolo spinoso riguarda la libertà di stampa, per la quale Karma Duptho ammette che vi sono “restrizioni”; i media devono seguire le direttive che arrivano dal governo. “Di quattro giornali e quattro stazioni radio – commenta – solo il Kuensel, il giornale di Stato, ha parlato del problemi dei rifugiati”. Molti di loro, come riferito da AsiaNews nei giorni scorsi, hanno trovato accoglienza nei Paesi occidentali, ma il problema “resta sempre attuale”.(NC)
TAGs
Invia ad un amico
Visualizza per la stampa
CLOSE X
Vedi anche
Nepal, rifugiati bhutanesi chiedono al nuovo re la fine dell’esilio
07/11/2008
Il governo del Bhutan non riconosce nessuna missione cristiana
31/01/2011
Dissidente bhutanese: governo democratico come la monarchia assoluta
21/01/2010
Il re sceglie la libertà di espressione: inaugurati in Bhutan i primi due quotidiani privati
05/06/2006
Contadini bhutanesi, vittime del piano di sviluppo agricolo del governo
05/07/2006


Iscriviti alle newsletter

Iscriviti alle newsletter di Asia News o modifica le tue preferenze

ISCRIVITI ORA
“L’Asia: ecco il nostro comune compito per il terzo millennio!” - Giovanni Paolo II, da “Alzatevi, andiamo”