Betlemme: il pellegrinaggio della fede e del dolore
Un missionario colombiano, di ritorno dal Bangladesh, ha voluto visitare la Terra Santa come pellegrino. Ecco una sua breve riflessione.
Roma (AsiaNews) Sono tornato da poco da un pellegrinaggio in Israele e Palestina. Considero il mio pellegrinaggio in Terra Santa un dono e una benedizione per la mia vita. Vedere i luoghi dove ha vissuto quel Gesù che io annuncio, è davvero commovente: è qualcosa che tutti noi cristiani dovremmo fare almeno una volta nella vita.
Di tutti i luoghi santi, mi ha colpito soprattutto la visita a Betlemme, nel periodo vicino al Natale. Ho incontrato una comunità cristiana molto viva.
La partecipazione alla messa a Betlemme è stata molto calda e bellissima. La gente era tutta unita e partecipe, la liturgia curata nei dettagli. Si respira la grande testimonianza dei padri francescani: tutti i luoghi francescani sono curati, perfetti, in ordine, puliti Non si può dire lo stesso di altri luoghi santi accuditi da altre comunità cristiane.
Un'altra bella esperienza è la visita all'ospedale dei bambini a Betlemme. Abbiamo trovato bambini di 2-5 settimane che erano stati abbandonati perché i genitori erano partiti o uccisi dalla guerra. Le suore si prendono cura di tutti loro con grande amore.
Ma andare a Betlemme è anche un viaggio nel dolore. Quando si arriva, si vedono le piaghe del problema israelo-palestinese: il muro che circonda e soffoca la città è di una tristezza indescrivibile. Betlemme è una specie di prigione: c'è poca gente in giro, persone che chiedono l'elemosina, supplicano a causa della fame Tutto sa di abbandono e di miseria: edifici iniziati e non finiti, immondizia ai lati delle strade, insicurezza, tensione, ansietà fra la gente.
A causa del muro, a Betlemme pochi pellegrini vi pernottano: troppe difficoltà di passaggio e troppi timori. Occorre che tutti noi cristiani aiutiamo le persone che vivono a Betlemme, altrimenti se ne andranno e questo luogo santo perderà la sua comunità cristiana.
La tristezza è accresciuta dalla mia esperienza di missione in Bangladesh. La realtà che ho visto nel delta del Gange è diversa da quella israelo-palestinese. Negli anni '70 il Bangladesh è stato segnato dalla guerra e ha subito la partizione fra Pakistan e Bangladesh, ma alla fine i due Stati sono giunti a una convivenza pacifica. Qui, invece, nella "Casa del pane" [il significato di Betlemme in aramaico ndr], della fraternità, vi è sempre e solo guerra e tensione.
Nonostante ciò, ogni cristiano dovrebbe andare in Terrasanta, sia per un approfondimento spirituale, sia per dare aiuto economico alla popolazione, attraverso il turismo. E serve anche a comprendere di più la situazione e forse a dare una mano per cercare di risolverla.
*P. Fabio Arcilla , 55 anni, sacerdote colombiano della diocesi di Sonsòn Rio Negro (Colombia), per 5 anni è stato associato al Pime come missionario in Bangladesh. A conclusione del suo periodo di missione all'estero, prima di ritornare in patria, ha voluto andare come pellegrino in Terrasanta.
26/05/2004
26/05/2004