Betlemme, torna al suo posto il lucchetto della basilica della Natività
Rubato e rimpiazzato nell'estate del 2002 da alcuni monaci greco-ortodossi, che così di fatto impedivano l'accesso a cattolici ed armeni, è stato rimesso al suo posto quello "comune". Il merito è dell'Autorità palestinese e del nuovo patriarca Teofilo, e la speranza è che questi siano segnali dei tempi a venire.
Gerusalemme (AsiaNews) La Custodia francescana della Terra Santa ha pubblicato ieri sera un documento, nel quale informa che "Sabato 2 settembre, come da precedente accordo, è stato rimesso al suo posto il lucchetto della porta principale della basilica della Natività a Betlemme che era stato rimosso in maniera illegale nell'estate del 2002. Erano presenti alla cerimonia dei rappresentanti del Patriarcato greco-ortodosso di Gerusalemme, della Custodia, del Patriarcato armeno-ortodosso e dell'Autorità palestinese.
La Custodia esprime il suo apprezzamento per la decisione dell'attuale Patriarca greco-ortodosso, Sua Beatitudine Teofilo, di permettere la re-installazione del lucchetto così come per il ruolo fermo e di principio dell'Autorità palestinese, che ha svolto in questa materia gli obblighi previsti dall'art. 4 dell'Accordo fondamentale fra la Santa Sede e il Plo.
E' una fervente speranza della Custodia che d'ora in avanti venga rispettato ed osservato da tutti il regime riconosciuto a livello internazionale dello status quo in quei luoghi sacri cristiani in cui esso viene applicato e che la condotta di tutti coloro che governano questi santuari sia anch'essa cosciente del loro carattere sacro. Betlemme è, dopo tutto, precisamente il luogo di nascita del Principe della pace".
E' così che finisce, in maniera soddisfacente, una delle più serie sfide lanciate in tempi recenti contro lo status dei luoghi sacri. E' iniziato tutto quanto alcuni monaci greco-ortodossi hanno rubato il lucchetto della porta principale della Basilica e lo hanno rimpiazzato con uno loro, rendendo così inutili le chiavi che sono detenute, rispettivamente, dalla Chiesa cattolica e da quella armena.
Il furto è stato scoperto il 20 agosto del 2002: armeni e cattolici hanno protestato per questo fatto presso il patriarca greco-ortodosso, ma senza alcun risultato.
E' stato sottolineato al patriarca che il furto e la sostituzione clandestina del lucchetto rappresentavano una grave violazione al regime legale dello status quo e minacciavano l'intero accordo che regola l'uso condiviso dei santuari da parte delle tre comunità. Senza effetto.
Le chiese si sono rivolte allora con un appello solenne all'Autorità palestinese, che amministra l'area di Betlemme ed è obbligata dalla legge internazionale ed in maniera specifica dall'Accordo di base firmato con la Santa Sede il 15 febbraio del 2000 a mantenere il regime legale dei santuari.
La commissione nominata dal defunto presidente palestinese Arafat con il compito di svolgere questo ruolo aveva già deciso nel dicembre 2003 che il lucchetto rubato doveva essere rimesso al suo posto. Eppure, fino a domenica scorsa la decisione ha dovuto attendere per essere messa in pratica.
Le ben note vicissitudini dei territori palestinesi avvenute nel frattempo hanno avuto per forza una parte importante nel ritardare così tanto l'attuazione pratica della decisione. Comunque sia, il passare del tempo ha visto anche l'allontanamento del violento patriarca anti-cattolico Ireneo, deposto dal suo stesso Sinodo per altri comportamenti illeciti, e l'elezione al suo posto di Teofilo. Questo ha reso più facile per l'Autorità palestinese garantire la messa in pratica dei suoi obblighi con la Chiesa cattolica senza dover ricorrere a misure coercitive (che, arrivati ad un certo punto e con la materia ancora irrisolta, avrebbe avuto l'obbligo ed il diritto di usare).
Certamente, alla fine, sembra essere stato lo stesso patriarca Teofilo a prendere la decisione di rimettere al suo posto il lucchetto, anche se senza dubbio grazie anche all'incoraggiamento costante da parte dell'Autorità palestinese.
La felice soluzione della questione, dopo più di quattro anni, è significativa per una serie di ragioni: incoraggerà cattolici ed armeni ovunque a sostenere in maniera ancora più enfatica il diritto alla libertà religiosa dei greco-ortodossi nel momento dell'elezione dei propri leader; infatti, il governo israeliano continua a rifiutare di "riconoscere" l'elezione canonica di Teofilo.
Non vi è dubbio che Teofilo stesso abbia contato su questo appoggio, nel momento in cui ha cambiato la politica anti-cattolica del suo predecessore ed ha acconsentito a permettere pacificamente il ritorno del lucchetto, chiesto dalle chiese e dall'Autorità palestinese.
Da parte sua, la stessa Autorità si è guadagnata il merito di riconoscere ed attuare i suoi obblighi con la Santa Sede rispetto ai luoghi santi, dando un segnale positivo nell'ambito della Chiesa cattolica in relazione ad una futuro Stato palestinese.
Certamente, è appropriato un sentimento di "fervente speranza" - visti l'approccio molto più pacifico rispetto alla Chiesa cattolica tenuto dal patriarca Teofilo (così diverso dalla condotta del suo predecessore, che per ironia porta il nome di Ireneo "il pacifico") e visto il ruolo "fermo e di principio" dell'Autorità palestinese in relazione al suo trattato con la Chiesa cattolica - che questi possano divenire caratteristiche consistenti dei tempi a venire.