Bengala “tomba dell’uomo bianco”: i frutti della missione
di Piero Gheddo
L’evangelizzazione nel Bengala orientale ad opera dei missionari del Pontificio Istituto Missioni Estere dura da 155 anni. La Chiesa del Bangladesh attuale è viva, a contatto con tribali e musulmani, fra povertà e sovrappopolazione. L’ultima fatica di p. Piero Gheddo.
Roma (AsiaNews) - Il Bangladesh è il secondo paese islamico dopo l’Indonesia: 150 milioni di abitanti su un territorio esteso meno di metà dell’Italia, senza risorse naturali e tormentato da inondazioni, cicloni, terremoti. Un paese islamico tollerante, senza molti segni di persecuzione anti-cristiana, anzi l’unico che ammette i missionari stranieri, anche perché si dedicano all’evangelizzazione dei tribali animisti (il 3% del totale).
La giovane Chiesa del Bangladesh, molto viva, è stata iniziata nel 1500 dai portoghesi, ma fondata nel 1855 dai missionari del Pime e dai missionari americani della Santa Croce, come racconto in modo documentato con fonti d’Archivio. Un secolo e mezzo di storia, con molti esempi di morti premature (molti morivano a 26-30 anni!), grandi fatiche, rinunzie e sofferenze per il Vangelo. “Non siamo eroi, ma ci manca poco” diceva un missionario nel 1930 ad una commissione del governo inglese che visitava le campagne del Bengala e definiva i missionari “tutti eroi”. La loro storia avventurosa inizia nel Bengala, definito dei colonizzatori inglesi “La tomba dell’uomo bianco”. I primi quattro missionari scrivono: “Noi siamo come pigmei che debbono trasportare delle montagne”.
Indù e musulmani erano insensibili all’annunzio del Vangelo, la missione va agli aborigeni, i primitivi delle foreste (santal, oraon, munda, pahari), portandovi la scuola, l’assistenza sanitaria, l’agricoltura moderna, alfabetizza lingue non scritte, compie ricerche etnologiche. Soprattutto porta la pace fra le varie etnie e tribù. Fra questi popoli considerati “selvaggi” nasce la Chiesa. E’ la prima fase storica della missione: occupare tutto il territorio e fondare le comunità cristiane unendole in parrocchie e diocesi.
Quando l’India diventa indipendente (1947) nascono due stati, uno indù (India) e uno musulmano (Pakistan e poi Bangladesh). Si sviluppa la seconda fase della missione: dare alla Chiesa locale solide strutture e proprio personale dirigente. Nel primo secolo di missione, dal lavoro del Pime sono nate sei diocesi, tre in India (Krishnagar, Jalpaigury e Dumka-Malda) e tre in Bangladesh (Dinajpur, Khulna e Rajshahi), oggi con vescovi locali.
Negli ultimi trent’anni il Bangladesh sta rapidamente cambiando: nasce l’industria tessile con gli investimenti stranieri, una rivoluzione economica e sociale che ha causato l’immigrazione giovanile di massa verso le città e in particolare la capitale Dacca, passata da un milione di abitanti nel 1980 ai 12 milioni di oggi! Incomincia la terza fase della missione, quella attuale: dalle campagne e foreste alle città, per impedire che i giovani cristiani perdano i contatti con le comunità di battezzati. Ma la Chiesa locale, pur con un buon numero di preti e suore, non ha ancora né il personale, né i mezzi e nemmeno lo spirito missionario per iniziare la missione fra i non cristiani nei difficili ambienti cittadini. I vescovi chiedono aiuto ai missionari.
In Bangladesh sta rapidamente cambiando la cultura popolare, che tende ad imitare le mode dell’Occidente. La Chiesa rischia di perdere molte famiglie cristiane anche perché nella capitale, 25 anni fa, c’erano solo tre parrocchie. Dal 1985 ad oggi, il Pime ha fondato a Dacca tre parrocchie (Mohammadpur, Mirpur e Kewachola) e ne sta fondando altre due (Utholi e EPZ), con costi anche economici esorbitanti per l’acquisto dei terreni. Ma la Provvidenza aiuta sempre. Oggi a Dacca ci sono dieci parrocchie con altre in costruzione, 80.000 cattolici e 12 milioni di abitanti. A Dacca i missionari del Pime lavorano anche fra i ragazzi di strada nelle baraccopoli e hanno iniziato gli incontri ecumenici con i protestanti e il dialogo inter-religioso con musulmani, indù e buddhisti.
In Bangladesh i cattolici sono solo 400.000 su 150 milioni di abitanti, i cristiani un milione. Il Pime è presente in quattro diocesi: Dinajpur, Rajshahi, Dacca e Chittagong. Sono poco meno di quaranta, aiutati da cinque sacerdoti “Fidei Donum” di due diocesi colombiane (Sonsòn-Rio Negro e Santa Fé de Antioquia), da alcuni volontari laici dell’ALP (Associazione Laici Pime) e dalla congregazione “Missionarie dell’Immacolata”, nata dal Pime nel 1936 a Milano.
GHEDDO P., “Missione Bengala - I 155 anni del Pime in India e Bangladesh”, Emi 2010, pagg. 510, più 32 pagine di documentazione fotografica, Euro 20,00.
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