Benedetto XVI e il Sinodo: di fronte alla violenza, dialogo e perdono
di Samir Khalil Samir
Per la prima volta il papa parla di « cristianofobia » e ribadisce che la violenza è contro Dio e contro la Ragione. Il terrorismo islamico è un accecamento ideologico. La gratitudine per alcune voci di solidarietà dal mondo musulmano. La via della Chiesa e del Sinodo è il dialogo e il perdono : non c’è pace senza giustizia ; non c’è giustizia senza perdono.
Il commento dell'islamologo p. Samir (Seconda parte).
Roma (AsiaNews) – Nel suo denso discorso alla Curia romana - una specie di revisione meditata degli avvenimenti salienti dell’anno - Benedetto XVI ha voluto dedicare una parte al Sinodo per il Medio Oriente. Qui continuo il commento alle parole del pontefice, iniziato ieri.
Dopo aver parlato della visita a Cipro dove ha consegnato l’Instrumentum laboris ai patriarchi, Benedetto XVI ha evocato il Medio Oriente “dove convivono fedeli appartenenti a religioni diverse ed anche a molteplici tradizioni e riti distinti”, e sottolineato la varietà e la molteplicità delle tradizioni cristiane.
1. Violenza cieca, senza rispetto per ciò che è sacro
Negli ultimi anni purtroppo, la lunga storia di condivisione tra cristiani e musulmani è stata scossa, e sono cresciute le tensioni e le divisioni, dice il Papa. Gli atti di violenza si moltiplicano, “nei quali non si rispetta più ciò che per l’altro è sacro, nei quali anzi crollano le regole più elementari dell’umanità”.
Penso che il Papa faccia allusione al massacro del 31 ottobre scorso, compiuto dentro la cattedrale sirocattolica di “Nostra Signora del Perpetuo Soccorso” (Sayyidat al-Nagiât), dove sono periti una cinquantina di fedeli in preghiera, bambini con le loro mamme e papà, insieme ai due sacerdoti.
Un massacro in chiesa, durante la santa messa, con degli atti di derisione verso la santa croce e la crocifissione di Cristo, fondata su una lettura sviata del Corano che nega la crocifissione di Cristo, essendo che – sempre secondo il Corano - Dio è intervenuto per salvare il suo profeta Gesù.
Ma il Santo Padre pensa anche certamente ai numerosi atti di violenza perpetrati da terroristi musulmani contro le moschee e i fedeli musulmani che si trovano in preghiera, o durante il pellegrinaggio ai luoghi sacri degli sciiti.
Di fatto la violenza è cieca, e non rispetta nessuna religione. Come l’aveva definita Benedetto XVI il 12 settembre 2006, nella sua famosa prolusione all’università di Regensburg, prolusione deformata e politicizzata dalla stampa e dalle masse: la violenza è in sè, prima di tutto, un atto contro Dio e contro la Ragione, cioè contro la natura specifica dell’Uomo.
2. “Con il ferimento dei cristiani veniamo feriti noi stessi”
Questa violenza si è purtroppo generalizzata e diffusa in tutto il mondo. Ma il Papa sottolinea che, “nella situazione attuale, i cristiani sono la minoranza più oppressa e tormentata” in tutto il mondo. Questa affermazione non è gratuita né infondata: si riferisce a numerosi studi fatti negli ultimi anni, come per esempio quello di Antonio Socci su I nuovi perseguitati (2002) e quello di René Guitton, Ces chrétiens qu'on assassine en terre d'islam (2009), [trad. it. Cristianofobia. La nuova persecuzione, 2010]. Gli analisti occidentali trovano spesso vari motivi per questa persecuzione (politici, economici, etnici, culturali, etc.), fatto sta che chi le perpetra, lo fa spesso in nome della religione, e non i nome della politica o altro!
A questo punto, il Santo Padre fa riferimento al discorso tenuto dal Dr. Muhammad as-Sammak, “Consigliere del Mufti della Repubblica del Libano” e alle sue “parole sagge”. E cita le sue parole: “Con il ferimento dei cristiani veniamo feriti noi stessi”.
Un po’ più avanti il Papa commenta: “L’essere umano è uno solo e l’umanità è una sola. Ciò che in qualsiasi luogo viene fatto contro l’uomo, alla fine ferisce tutti”. Questa frase fa pensare al versetto 32 della sura 5 (la Tavola imbandita): “Abbiamo prescritto (ai figli di Israele) che chiunque uccide un essere umano (non colpevole d'assassinio o di corruzione sulla terra) è come se avesse ucciso tutta l'umanità”. E questo evoca il detto dei Maestri ebrei :“Chi uccide un uomo è come se avesse ucciso tutto il mondo”.
Al-Sammak, amico di lunga data - e già presente in Vaticano nel dicembre 1995 durante il “Sinodo per il Libano” - ha sempre sostenuto, insieme ad altri laici e religiosi musulmani del Libano, sunniti e sciiti, che la presenza dei cristiani in Libano (e nel Medio Oriente) è un elemento positivo, anzi essenziale, per l’insieme della comunità politica della regione.
3. Questa voce ragionevole è purtroppo troppo debole!
E il Papa aggiunge con realismo: “Purtroppo, però, questa e analoghe voci della ragione, per le quali siamo profondamente grati, sono troppo deboli”. Una volta di più è da sottolineare l’opposizione che egli fa tra ragione e violenza. E’ una tema fondamentale del pensiero filosofico di Ratzinger. La violenza è una atto irragionevole, e dunque un atto contro Dio! Questo legame tra Dio e la Ragione è fondamentale per capire la sua visione politico-religiosa, a condizione di capire il concetto di razionalità nel senso pieno ed ellenistico della parola, che include la spiritualità e l’etica. Sappiamo l’importanza di questa riflessione nella prolusione di Regensburg, come in tutto il suo pensiero filosofico-teologico.
Questa violenza è spesso dovuta al “collegamento tra avidità di lucro ed accecamento ideologico”. Sono due cause tra le più importante della violenza. A me sembra che la seconda sia ancora più evidente nel caso della violenza di matrice islamica. E’ proprio un “accecamento ideologico”, un interpretazione cieca della religione, e in particolare del testo coranico e della tradizione islamica. I terroristi fanno una lettura politica del testo sacro: essendo l’Islam la religione divina per eccellenza, tutti i mezzi sono buoni per condurre l’umanità a Dio attraverso l’Islam.
In questo senso, non si può combattere il terrorismo unicamente con mezzi militari, perché esso è un’ideologia cieca! Quest’approccio di Benedetto XVI mi sembra importante nella prospettiva attuale, e va oltre tutti i terrorismi.
4. I vescovi al Sinodo: dialogo, perdono e accoglienza
Di fronte a quella situazione, come hanno reagito i vescovi sinodali del Medio Oriente ? “Sulla base dello spirito della fede e della sua ragionevolezza, il Sinodo ha sviluppato un grande concetto del dialogo, del perdono e dell’accoglienza vicendevole, un concetto che ora vogliamo gridare al mondo”.
In effetti, il Sinodo è stato molto chiaro su questo punto: l’unica risposta non può essere che il perdono. Ricordiamo tutti il Messaggio in occasione della Giornata Mondiale della Pace per l'anno 2002 di Giovanni Paolo II: “Non c'è pace senza giustizia, non c'è giustizia senza perdono”. E’ stato ripetuto più volte nel Sinodo, sia di fronte alla violenza, sia quando si è parlato della pace tra Israeliani e Palestinesi. Queste parole sono difficile ad accettare quando uno ha sofferto la distruzione quasi totale e la perdita dei suoi cari, ma tali parole rimangono essenziali.
E Benedetto XVI lancia un appello ai responsabili politici “perché fermino la cristianofobia; perché si alzino a difendere i profughi e i sofferenti e a rivitalizzare lo spirito della riconciliazione”. Quello della cristianofobia mi sembra un tema nuovo. Non mi ricordo di aver mai sentito questa espressione dal Santo Padre, e comunque è raro. Ma dice assai la gravità della situazione, com’è stato illustrato per esempio dai due libri segnalati sopra, di Socci e di Guitton.
Come sempre però, né il papa, né il Sinodo, si fermano sul lamento. La loro visione va oltre. Aldilà della persecuzione contro i cristiani, papa e Sinodo invitano i responsabili ad alzarsi per “difendere i profughi e i sofferenti”, e per “rivitalizzare lo spirito della riconciliazione”. Questo è anche “il compito principale della Chiesa in quest’ora”, ha concluso Benedetto XVI.
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04/06/2010
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