10/12/2024, 11.12
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Beirut esulta per la cacciata di Assad. Ma il futuro è incerto

di Fady Noun

I riflessi in Libano del crollo improvviso del regime di Damasco. Molti libanesi e siriani sfollati celebrano il giorno di festa, per tutti è un evento storico e determinante per il futuro. Il timore di una nuova tirannia che possa sostituire quella appena abbattuta si alterna alla speranza di una Siria democratica e improntata alla convivenza. Hezbollah ha perso un potente alleato ma non è detto che questo porti a un ammorbidimento delle sue posizioni.

Beirut (AsiaNews) - “Giustizia è finalmente fatta!”. Chi crede nel potere della preghiera non ha potuto fare a meno di pensare domenica 8 dicembre, nella festa dell’Immacolata Concezione, che le assidue orazioni e la mano di Dio abbiano avuto un ruolo nella repentina caduta del presidente siriano Bashar al-Assad e del suo regime. L’immensa felicità provocata dal tracollo, dopo anni di sofferenze, del tiranno di Damasco - una caduta che alcuni hanno paragonato a quella dell’Unione Sovietica - è stata proporzionale al terrorismo di Stato che egli ha praticato in Libano dalla metà degli anni ‘70 e per quasi 40 anni.

Vittime degli Assad

Infatti, la cacciata di una dinastia di tiranni di inimmaginabile sadismo e machiavellismo ha spinto sin dal primo momento le classi politiche cristiane, druse e sunnite a recarsi sulle tombe delle loro grandi vittime. Il primo ministro Nagib Mikati e i due ex primi ministri sunniti Fouad Siniora e Tammam Salam hanno visitato, rendendogli omaggio, la tomba di Rafic Hariri, nel centro di Beirut, ucciso dall’esplosione di un “furgone” carico di 1.000 kg di esplosivo (2005). Una occasione per recitare la “fatiha”, la prima sūra del Corano ed essenza del libro sacro ai musulmani.

Nelle montagne druse, una folla ha reso omaggio alla tomba di Kamal Joumblatt, ucciso a colpi di mitragliatrice nella sua auto sulle vette del Chouf nel 1977; al contempo il leader del partito Kataëb Samy Gemayel e suo padre, l’ex presidente Amine Gemayel, assieme alla vedova Solange Gemayel hanno deposto fiori sulla tomba del presidente Bachir Gemayel. Una figura ancora viva nella memoria dei libanesi, sepolto sotto le macerie della sede del suo partito da una carica esplosiva pochi giorni dopo l’elezione (1982), insieme al fratello Pierre Gemayel, ucciso a bruciapelo in un agguato a Beirut, e a tutti i “martiri” della fazione cristiana. A Zghorta, nel nord del Libano, il deputato Michel Mouawad e sua madre Nayla hanno reso omaggio alla tomba del neoeletto presidente della Repubblica René Mouawad, ucciso in un attentato con un’autobomba il 22 novembre 1989, giorno dell’indipendenza libanese.

Sui media l’elenco delle vittime del regime siriano - personalità politiche e dirigenti, giornalisti e scrittori, figure religiose e militari, per non parlare degli “scomparsi” i cui parenti sono ancora alla ricerca - si è allungato a dismisura. Le scene di giubilo iniziate nella notte sono proseguite per tutto il giorno da Akkar a Saïda, e a Tripoli in particolare, con grida di “Allahou Akbar”. Si sono susseguiti spari assordanti, clacson e canti rivoluzionari, che hanno riunito la popolazione e molti migranti siriani timorosi di tornare nel loro Paese e cadere nelle grinfie degli scagnozzi del regime.

Ad Halba, nell’Akkar, alcuni giovani hanno forzato la porta dell’ufficio locale del partito Baath siriano e hanno vandalizzato mobili e documenti. Nei pressi del valico di frontiera di Masnaa, due siriani dall’opposto destino si sono incrociati: uno cercava di tornare nel suo Paese dopo anni di esilio, l’altro fuggiva dal destino infausto che poteva ricadere su di lui dopo la caduta di Assad.

Ripercussioni incalcolabili

In termini politici, la caduta di Bashar al-Assad ha avuto ripercussioni incalcolabili sul Libano. Il crollo del regime ha innescato un flusso straordinario di famiglie siriane che sono tornate in patria, dopo essere fuggite in passato per il timore della vendetta degli uomini al potere, per la povertà dilagante in Siria e la coscrizione obbligatoria nell’esercito. Del resto è opinione comune che la caduta di Assad, con la scomparsa degli ostacoli puramente politici, abbia incoraggiato centinaia di migliaia di rifugiati a tornare nel Paese di origine, riducendo in questo modo l’onere che la loro presenza rappresentava per il Libano. Inoltre, la caduta del regime siriano, a seguito del cessate il fuoco e dell’accordo sull’applicazione della Risoluzione 1701, dovrebbe indebolire ulteriormente Hezbollah. Tuttavia, non è detto che questo indebolimento si rifletta in un ammorbidimento del “partito di Dio”, il cui disarmo è previsto dalla Risoluzione 1701.

In ogni caso, Hezbollah ha perso un potente alleato ed è stato tagliato fuori territorialmente dalla sua fonte di approvvigionamento di armi e denaro. Tra l’altro, il comitato di supervisione del cessate il fuoco Libano-Israele-Unifil-Francia-Stati Uniti, presieduto da un ufficiale del Centcom, il generale Jasper Jeffers, si è riunito per la prima volta ieri; una data carica di significato, a partire dalla quale l’esercito dello Stato ebraico deve iniziare a considerare il suo ritiro dal Libano, che peraltro non ha ancora avviato.

Sul fronte interno, l’attuale primo ministro ad interim Nagib Mikati ha annunciato che una commissione contatterà le nuove autorità siriane per ottenere una lista dei prigionieri politici rilasciati dalle varie carceri del regime. La speranza è di poterne trovare ancora qualcuno vivo o, quantomeno, di accertarne la morte. Da parte loro, i partiti che difendono la sovranità del Libano come le Forze libanesi e il Kataëb, hanno chiesto l’abrogazione del Trattato di fratellanza, cooperazione e coordinamento imposto da Damasco al Libano (22 maggio 1991) e della commissione di coordinamento ad esso collegata.

Un futuro incerto

Sul crollo del regime degli Assad in Libano è intervenuta anche una fonte episcopale. “I libanesi sono felici di essersi liberati di un regime oppressivo che ci faceva vivere sotto il suo giogo” dichiara ad AsiaNews un vescovo maronita a condizione di anonimato. Il prelato precisa inoltre di parlare non a nome della Chiesa, quanto piuttosto come cittadino libanese. “Tuttavia - ha proseguito - bisogna sapere cosa viene dopo. I gruppi ribelli sono eterogenei. È nel loro interesse presentarsi come moderati e quindi conquistare l’opinione pubblica. Ma potrebbero essere lupi travestiti da agnelli. Non vogliamo che una tirannia sostituisca un’altra in Siria. Aspettiamo e vediamo”.

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