Bangladesh: 150 feriti nelle proteste contro il governo
In quattro giorni, due scioperi generali bloccano la capitale e causano violenti scontri tra dimostranti e polizia. Le proteste animate dall'opposizione, che chiede riforme in vista delle elezioni. Analisti ad AsiaNews: difficile un accordo tra le parti, si prevedono tempi difficili.
Dhaka (AsiaNews) Cresce in Bangladesh l'instabilità politica generata da mesi di profonde tensioni tra opposizione e governo, che sembrano destinate "ancora per molto" a non cessare. Ieri, nel secondo sciopero generale in soli quattro giorni, scontri tra polizia e manifestanti hanno causato 150 feriti a Dhaka e in diverse zone del Paese.
L'iniziativa di ieri, 23 aprile, animata dall'Awami League (Al - principale partito all'opposizione) e dagli altri 13 partiti della coalizione antigovernativa, ha bloccato la capitale e portato all'arresto di 35 persone, tra le quali alcuni leader e attivisti politici: la polizia antisommossa ha caricato con manganelli e gas lacrimogeni la folla di manifestanti scesi in piazza. Numerose le auto e i negozi dati alle fiamme.
Lo sciopero ha di fatto paralizzato i trasporti, gli uffici, le scuole e le imprese - la domenica è giorno lavorativo nei Paesi musulmani. La protesta, che ha seguito l'altro grande sciopero del 19-20 aprile, è stata provocata dall'opposizione, che da mesi preme sul governo della premier Khaleda Zia per una riforma elettorale, in vista delle elezioni politiche del 2007.
Per ottobre il governo consegnerà i poteri ad un'amministrazione ad interim, non eletta, che organizzerà le elezioni previste per gennaio. L'opposizione - convinta di manipolazioni da parte dell'alleanza al governo, guidata dal Bangladesh Nationalist Party (Bnp) - chiede che l'amministrazione provvisoria venga nominata sulla base di un consenso parlamentare.
Secondo analisti sul posto, intervistati da AsiaNews, la situazione non si sbloccherà presto: l'opposizione ci tiene a non arrivare pacificamente alle elezioni, perché crede di trarne vantaggio screditando così il governo, mentre il Bnp è troppo legato alle frange fondamentaliste della sua coalizione, che ostacolano il dialogo.
"Quando di recente il governo aveva proposto di trattare sull'amministrazione ad interim spiega l'analista - l'opposizione ha aderito, perché l'opinione pubblica chiede il dialogo. Ma subito si è creato un intoppo: nella Commissione bilaterale, che dovrebbe condurre le trattative il governo vuole mettere membri del Jamaat-e-Islami accusato di connivenza con terroristi; la Al ha messo come condizione che nessuno del Jamaat-e-Islami partecipasse e ha proposto di nominare solo rappresentanti del partito principale delle due coalizioni". Per ora, però, da parte del governo non c'è segno di cedere e si teme che tutto rimanga paralizzato. "Il Bnp - spiega la fonte di AsiaNews - ha bisogno del Jamaat-e-Islami per mantenere la forte maggioranza parlamentare, che ha dalle ultime elezioni".
Le richieste al governo non sono solo politiche, ma anche economiche: una riduzione dei prezzi e un miglioramento dei rifornimenti di elettricità e di gasolio nella campagne, dove i frequenti blackout energetici ostacolano soprattutto l'irrigazione.
Per ora non sembra esserci spazio per trattative tra le parti. Senza un accordo, l'opposizione minaccia di boicottare la consultazione popolare.
Unico dato positivo concludono gli analisti è la risposta della società che porta avanti campagne a favore di democrazia, lotta al terrorismo e alla corruzione. Un esempio: "Tutti i giorni i quotidiani parlano di catene umane e sit-in per chiedere anche a livello locale, che i futuri candidati siano persone pulite".