Bangkok: le “camicie rosse” manifestano contro le violenze della polizia
di Weena Kowitwanij
I dimostranti sfilano per le vie della capitale con bare in spalla, dopo la morte di 21 persone - fra cui un cameraman giapponese – negli scontri on le forze dell’ordine; più di 800 i feriti. La crisi politica ha pesanti ripercussioni sull’economia nazionale: crolla la borsa, segno negativo per le principali compagnie thai.
Bangkok (AsiaNews) – Questa mattina le “camicie rosse” hanno sfilato per le vie di Bangkok reggendo bare sulle spalle, simbolo delle vittime degli scontri del 10 aprile scorso. La maggior parte dei feretri erano vuoti, ma almeno due di essi contenevano i cadaveri dei manifestanti antigovernativi uccisi negli scontri con la polizia. Intanto si fanno sempre più gravi le ripercussioni della crisi sull’economia della Thailandia, con perdite pesanti in borsa per le principali compagnie.
In un discorso alla nazione, il Primo Ministro Abhisit Vejjajiva ha sottolineato che il governo intende “assicurare il rispetto della legge” e non rifiuta “un dialogo franco con i leader della protesta”. Dal 12 marzo migliaia di “camice rosse”, vicine all’ex premier in esilio Thaksin Shinawatra e sostenuti dal partito di opposizione United Front for Democracy against Dictatorship (UDD), presidiano alcuni punti della capitale, chiedendo lo scioglimento del Parlamento e nuove elezioni.
La tensione è precipitata il 10 aprile scorso, quando gli scontri fra manifestanti e polizia hanno causato la morte di 21 persone tra cui Hiroyuki Muramoto, cameraman giapponese dell’agenzia Reuters. Il numero dei feriti è superiore agli 800, almeno 90 dei quali in gravi condizioni. Tra le vittime vi sono anche quattro ufficiali di polizia, di cui due di alto rango e responsabili delle operazioni sul campo.
Sugli incidenti infuria la polemica fra governo e oppositori, che accusano l’esercito di aver usato proiettili di piombo contro i manifestanti. Le autorità negano le accuse, sottolineando di aver usato proiettili di gomma. Alcuni media hanno mostrato una serie di fotogrammi che mostrano uomini “non identificati” e vestiti di nero, mentre puntano pistole contro i poliziotti. Il governo ha deciso di cancellare le manifestazioni più importanti legate al capodanno thai, in programma dal 12 al 15 aprile.
Il segretario generale UDD insiste che “il premier dovrebbe sciogliere il Parlamento” e i partiti della coalizione “prendere le distanze dal Democrat Party”. Il vice-premier Suthep Thaugsuban spiega di aver parlato con i leader della coalizione e tutti concordano “nella revisione di alcune norme del codice” prima di indire nuove elezioni, che non si dovrebbero svolgere “prima di tre mesi”.
Intanto la crisi politica comincia a sortire pesanti ripercussioni sull’economia del Paese. La borsa ha registrato il crollo più significativo degli ultimi sei mesi, con un segno negativo del 4,5%. Il titolo della Thai Airways International Pcl, il vettore di bandiera nazionale, è caduto di 8 punti percentuali. Segno negativo del 4,1% anche per Airports of Thailand Pcl, società che gestisce gli scali, mentre la Minor International Pcl – proprietaria di diversi hotel di lusso, fra cui il Marriot e il Four Seasons a Bangkok – ha perduto 4,3 punti percentuali.
Analisti ed esperti di politica thai si concentrano proprio sull’economia, per trovare una soluzione alla crisi istituzionale. Precha Piempongsarn, docente di Scienze politiche alla Ubonrachathani University, sottolinea i “segnali” secondo cui “il Democrat Party avrebbe trascurato di risolvere i problemi economici alla radice”.
Thienchai Wongchaisuwan, studioso indipendente, avverte che è necessario “dare maggior enfasi al ruolo della popolazione all’interno della comunità”, perché i cittadini non possono solo “aspettare i sussidi del governo” e auspica “elezioni libere e trasparenti” quale parte fondamentale del processo democratico.
Somkiat Phonpai, leader dell’Assemblea dei poveri, spiega che “il governo dovrebbe restituire le risorse naturali alla popolazione”, in modo che “i poveri che hanno perso lavoro possano trovare un impiego nei luoghi di origine e non siano costretti a trasferirsi in città per sopravvivere”.
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