Bangkok: calo delle nascite e contrazione della forza lavoro preoccupano gli esperti
La Thailandia teme di avere difficoltà a trovare lavoratori anche dopo la ripresa dell'economia post-pandemia. Entro il 2040 dimezzato il rapporto tra popolazione attiva e anziana, nel 2021 sono nati solo 400mila bambini. Mancano anche i lavoratori stranieri, bloccati a causa della crisi sanitaria.
Bangkok (AsiaNews) - Mentre la Thailandia si appresta ad affrontare la quinta ondata della pandemia, autorità e specialisti si interrogano sulle tendenze demografiche e dell’occupazione emerse maggiormente negli ultimi due anni. Due in particolare: il calo delle nascite (e il conseguente invecchiamento della popolazione) e la contrazione della forza lavoro (e la sua precarizzazione).
Molte aziende prevedono difficoltà nel garantirsi la disponibilità di dipendenti o collaboratori quando l’economia riprenderà slancio, anche se d’altra parte il Paese conta milioni di individui rimasti senza un impiego regolare e un reddito fisso in campo tecnologico, tessile, della ristorazione, dell’intrattenimento e del turismo, costretti alla precarietà o all’auto-impiego in settori spesso marginali dell’economia. Si stima che almeno il 50% dei dipendenti del comparto turistico non tornerà al vecchio impiego, sia per la contrazione del settore (peraltro già avviata prima della pandemia), sia a causa di una loro diversa collocazione.
Per il Consiglio nazionale dell’economia e dello sviluppo sociale (National Economic and Social Development Council), la popolazione attiva in una nazione di 70 milioni di abitanti, continuerà la sua discesa, passando dai 43,2 milioni nel 2020 ai 36,5 milioni nel 2040, a causa del calo delle nascite, passate da 1,2 milioni all’anno nel 1970 a 400mila nel 2021. Con conseguente dimezzamento del rapporto tra popolazione attiva e anziana che passerà dal 3,6 attuale all’1,8 nel 2040.
Per la Confederazione dei datori di lavoro nel commercio e nell’industria thailandesi (Employers' Confederation of Thai Trade and Industry) la disoccupazione interessa ora il 4,6 % della forza-lavoro, la più elevata da un decennio, a cui si aggiunge l’1,8% di sottoccupati. Entrambe le categorie sono in crescita sostenuta, ma sono anche probabilmente sottostimate data l’ampiezza del settore informale nel paese.
Se l’industria lamenta oggi la mancanza di 300mila lavoratori locali, si stima che manchino invece 500mila lavoratori nei settori che abitualmente impiegano manodopera straniera. Molti dei tre milioni di immigrati presenti nel Paese sono rimasti esclusi dalle attività produttive, sia perché rientrati in patria (in Myanmar, soprattutto, ma anche in Cambogia, Vietnam, Laos, Filippine) e impossibilitati a rientrare, sia per i lockdown imposti durante la crisi pandemia, sia per il blocco di un gran numero di attività, a partire dall’edilizia.
28/09/2018 12:18