Bangkok rinvia il rimpatrio dei profughi Rohingya
Bangkok (AsiaNews) – Il premier thailandese Abhisit Vejjachiva ha rimandato il rimpatrio dei 78 profughi Rohingya recuperati il 26 gennaio scorso nel mare di Andaman, al largo delle coste sud-occidentali della Thailandia. Egli ha inoltre disposto una perizia medica per valutare le ferite presenti sui loro corpi; secondo i primi riscontri bruciature e lesioni risalirebbero a più di 10 giorni fa e non sono quindi attribuibili a “violenze compiute dall’esercito thai”.
Khunying Porntip Rojanasunan, direttore generale dell’istituto di medicina forense, riferisce che sono stati gli stessi profughi a confermare le “torture inflitte dall’esercito birmano” e aggiunge che essi verranno “curati in Thailandia fino alla guarigione, prima di procedere al rimpatrio”.
Il rinvio non implica un cambiamento nella linea adottata da Bangkok sulla questione dei profughi Rohingya. Il premier Abhisit ribadisce che si tratta di una questione di “sicurezza nazionale” ed è necessario “forzare gli immigrati irregolari a lasciare il Paese”. Egli assicura che non vi saranno “maltrattamenti”.
Il leader del Democrat Party e oggi primo ministro della Thailandia sembra però smentire quanto affermava ai tempi in cui guidava l’opposizione del Paese: “La questione morale sui diritti umani è di vitale importanza per il popolo thailandese ed è connaturato nella sua anima. Difendere i diritti umani – sottolineava Abhisit – dovrebbe essere una peculiarità perché la società thailandese è sensibile in materia”.
La linea del governo è sostenuta dall’esercito, che giustifica il trattamento riservato ai profughi Rohingya sbarcati sulle coste. “I rapporti relativi ad abusi perpetrati dagli ufficiali di marina – afferma l’ammiraglio Kamthorn Phumhiran, comandante della Royal Thai Navy – sono falsi. Immaginate 200 Rohingya che entrano illegalmente in Thailandia e abbiamo solo 18 uomini a disposizione a occuparsi della questione. È necessario far loro levare le magliette per vedere se nascondono armi e metterli a faccia in giù. Non vi erano altre soluzioni”.
Sulla questione dei profughi Rohingya interviene anche l’Onu, che invita il governo thai a promuovere “una inchiesta approfondita” sui presunti maltrattamenti. Le Nazioni Unite manifestano dubbi sulla “trasparenza” e la “velocità” con la quale verranno condotte le indagini, mentre il delegato regionale dell’agenzia Onu per i rifugiati, Raymond Hall, non ha ancora ricevuto il via libera per incontrare l’ultimo gruppo di immigrati sbarcati sulle coste thailandesi.
Una fonte ufficiale birmana, in condizioni di anonimato, riferisce infine che non vi sono prove che i Rohingya provengano dal Myanmar: “Non esiste una cosiddetta minoranza etnica Rohingya – dice la fonte – nella storia del nostro Paese, né prima, né dopo l’indipendenza. È assolutamente inaccettabile dire che i Rohingya provengano dal Myanmar”.