Bangkok riavvia i colloqui con Kuala Lumpur sui separatisti musulmani
Il vice-primo ministro thailandese ha incontrato l'ex comandante delle forze armate malaysiane, indicato come mediatore nel conflitto con gli indipendentisti nelle tre province del Sud a maggioranza islamica. Uno scontro che negli ultimi vent'anni ha causato oltre 10mila morti. Il governo di Bangkok ha aperto alla revoca dei decreti di emergenza, ma gli ostacoli nel negoziato restano molti.
Bangkok (AsiaNews) - Il governo thailandese, in carica dall'inizio di settembre 2023, sta cercando di riavviare i colloqui per garantire pace e stabilità nel tormentato Sud del Paese, dove si trovano le tre province a maggioranza musulmana (Narathiwat, Pattani e Yala) che confinano con la Malaysia.
In questa direzione è andato l’incontro di ieri del vice-primo ministro Somsak Thepsuthin con l’ex comandante delle forze armate malaysiane, generale Zulkifli Zainal Abidin (nella foto), che è anche mediatore tra il governo di Bangkok e la coalizione di gruppi indipendentisti ribelli Barisan Nasional Revolusi. Somsak l'ha definito un dialogo “mirato a favorire una comprensione migliore fra le autorità thailandesi e malaysiane coinvolte nei negoziati di pace”, servito soprattutto a confermare da parte thailandese volontà di mantenere aperti i negoziati, dopo un periodo di stasi nonostante la ripresa della guerriglia e della repressione nel gennaio 2004 e la gestione manu militari di successivi governi formati o controllati da uomini in divisa.
Il governo in carica, emanazione di una maggioranza che unisce in alleanza inedita parti “civili” e filo-militari, punterebbe ora a chiudere la lunga serie di decreti d’emergenza imposti con durezza e spesso indiscriminatamente nelle aree più sensibili delle tre province, sostituendoli con l’applicazione della Legge sulla sicurezza nazionale che meno risente del priorità delle forze di sicurezza. Una soluzione che - si è detto convinto il vice-premier - aprirebbe a un miglioramento dell’atmosfera nella regione per renderla più favorevole alla soluzione dei problemi.
Davanti alla necessità di chiudere una pagina di conflitto aperta dalla fine della Seconda Guerra mondiale e che negli ultimi vent’anni è costata 10mila vittime, restano gli ostacoli a una soluzione pacifica dettati da esigenze e interessi di vario livello. Nemmeno i colloqui di mercoledì hanno portato alla definizione di un calendario sulle prossime tappe che possano includere il Barisan, ma solo alla decisione di avviare tutte le procedure necessarie in previsione di una finestra temporale opportuna. Opportunità che potrebbe già presentarsi a febbraio - se la parti in conflitto lo consentiranno - e che a sua volta potrebbe consentire una consultazione pubblica sulle prospettive di una soluzione politica che metta fine a violenze e repressione che impediscono il pieno sviluppo di aree che per geografia e risorse disponibili hanno ampie possibilità di emergere dalla povertà.