Bambini indiani con l’Aids per trasfusioni di sangue infetto
Jaipur (AsiaNews) – Tre bambini affetti da talassemia a Jodhpur, in Rajasthan, hanno contratto l’Hiv questa settimana dopo aver fatto delle trasfusioni di sangue, necessarie per curare la malattia. Non è la prima volta che in India si verificano casi simili. Secondo le statistiche, negli ultimi cinque anni migliaia di bambini si sono ammalati di Aids dopo trasfusioni di sangue proveniente dalla banca del sangue statale.
Per la Marwar Thalassemic Society negli ultimi sei mesi otto bambini hanno contratto l’Hiv e altri 43 l’epatite C per trasfusioni di sangue infetto. I tre bambini sono in cura all’Ummed Hospital che cura gratis i bambini affetti da talassemia. I responsabili dell’ospedale hanno dichiarato di aver seguito con scrupolo le linee guida della National AIDS Control Organization. Sia gli ospedali che le banche del sangue fanno i test per verificare che il sangue donato sia sano, ma spesso non è sufficiente.
“I test delle cellule del sangue non sono adeguati” ha spiegato ad AsiaNews Pascoal Carvalho, medico e membro del Pontificio consiglio per la vita. “Ci vorrebbe il Nucleic Acid Testing (Nat), ma siccome ha un costo molto elevato non sempre viene eseguito”.
Eseguire il Nat sul sangue costa 1000 rupie (16 euro) e nella maggior parte dei casi viene effettuato il più economico Elisa: “Il test Elisa” continua il medico, “spesso non riesce a identificare il virus Hiv, soprattutto perché è in grado di individuarlo solo dopo tre mesi che il virus circola nel sangue del donatore”.
La sanità indiana conosce le tecnologie per risolvere il problema, ma non investe: “Il governo deve aggiornare con urgenza il suo sistema di monitoraggio nelle banche del sangue. Il problema delle infezioni è ancora più tragico perché sono le famiglie povere che ricorrono alle banche del sangue statali”.
Per Pascoal Carvalho, l’unica nota positiva è che sono state introdotte terapie migliori per curare la talassemia. Ma il medico richiama il governo alle sue responsabilità: “Le strumentazioni per il Nat costano 400mila rupie (6700 euro) e ogni test 1000 rupie, ma i pazienti poveri non possono permetterselo. Solo il governo può rendere obbligatorio il Nat in tutti gli ospedali e le banche del sangue e fornire sussidi per chi deve fare il test. Solo allora simili tragedie saranno evitate in India”.
P. Antonio Grugni, missionario del PIME e medico a Mumbai, spiega ad AsiaNews sulla situazione sanitaria dell’India: “Il numero dei poveri in India è enorme e si possono permettere solo la sanità pubblica, dove ci sono pochi medici per un’enorme mole di pazienti. Non si può dire che il governo non faccia niente: le cure per tubercolosi e lebbra sono gratis, ad esempio. Non è vero infatti che in India mancano i soldi. Ci sono, ma spesso vengono usati male dai singoli Stati”.
30/11/2005