11/05/2011, 00.00
CINA
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Bambini cinesi “confiscati” e venduti in adozione

Gli impiegati del governo hanno sequestrato bambini “illegali”, nati oltre la quota permessa, ma anche figli unici. Un orfanotrofio che dava i bambini in adozione prendeva 2760 dollari per bambino venduto; gli impiegati 142 dollari. La piaga della legge sul figlio unico porta aborti e sterilizzazioni forzati, aborti selettivi su feti femminili, arresti di attivisti impegnati contro i soprusi.
Pechino (AsiaNews/Agenzie) – Le autorità cinesi dell’Hunan hanno aperto un’inchiesta sulla vendita all’estero di circa 20 bambini, nati al di fuori della legge del figlio unico. Gli stessi impiegati per il controllo della popolazione hanno “confiscato” i bambini e li hanno venduti guadagnandoci.
 
Il giornale Caixin.com ha rivelato che impiegati della contea di Longhui (Hunan) hanno sequestrato e venduto bambini nati oltre la quota permessa dal “figlio unico”, ma anche figli unici e li hanno venduti a famiglie degli Stati Uniti e dell’Olanda, usando come mezzo un orfanotrofio di Shaoyang.
L’orfanotrofio riceveva 2760 dollari, mentre gli impiegati del family planning ricevevano 142 dollari per bambino venduto. Alcune di queste vendite sarebbero avvenute nel periodo 2002-2005. Il capo dell’orfanotrofio, Jiang Dewei, ha dichiarato a Caixin.com che i bambini erano stati giudicati dal governo come “abbandonati” e perciò messi in lista per l’adozione.
 
Denunce sugli abusi legati alla legge del figlio unico sono innumerevoli. Dalla fine degli anni ’70 la Cina ha imposto la regola di un solo figlio per famiglia, da generare secondo tempi stabiliti dagli uffici per il controllo della popolazione. Pechino permette un solo figlio alle coppie residenti in città e due a coppie di contadini, se il primo figlio è una femmina. Tutti coloro che superano la quota sono tassati con multe che arrivano fino a 5-10 volte lo stipendio medio di un operaio. Spesso gli impiegati del family planning, che ricevono incentivi per il loro lavoro, tassano a piacere la popolazione con multe esose, sequestro di beni, case e terreni.
 
Ancora più spesso, per rimanere nelle quote di nascite fissate dal governo centrale, obbligano le donne ad aborti forzati fino al non mese di gravidanza, o a sterilizzazioni forzate. Chen Guangcheng, attivista cieco dello Shandong ha denunciato tali aborti e sterilizzazioni forzate e per questo è stato condannato a quattro anni di prigione. Liberato lo scorso settembre, è costretto a vivere agli arresti domiciliari con la sua famiglia.
 
La legge sul figlio unico, insieme alla preferenza dei cinesi per il figlio maschio, ha creato uno squilibrio nella proporzione fra maschi e femmine, dovuto ad aborti selettivi di feti femminili. Secondo l’ultimo censimento, in Cina vi sono 118 maschi ogni 100 femmine.
Nell’ultimo decennio almeno 86 mila bambini e bambine cinesi sono stati adottati all’estero, in maggioranza negli Stati Uniti.
 
Proprio negli Stati Uniti è nato alcuni anni fa il movimento “Women’s rights without frontier” (http://www.womensrightswithoutfrontiers.org ), che denuncia gli abusi sulle donne a causa della politica di controllo delle nascite.
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