Avvocato musulmano difende i diritti delle donne
La legislazione algerina, sotto l’influenza dell’islam e delle tradizioni tribali, è piena di forti discriminazioni verso la donna nel contrarre matrimonio, nella custodia dei figli, nell’educazione, nel divorzio…. Un’analisi accurata da parte di un esperto.
Algeri (AsiaNews) – In occasione della Giornata mondiale della donna, celebrata ieri, Nasr Eddine Lezzar, avvocato algerino esperto in questioni sociali ha detto che le donne in Algeria soffrono di pesanti discriminazioni e che il codice sulla famiglia (stilato nel 1984 e riformato nel 2005), “scellerato” e dagli “effetti perversi”, è una delle “macchie più nere nella condizione della donna algerina”.
Nasr Eddine Lezzar ha espresso le sue considerazioni in un articolo pubblicato su El Watan (v: http://www.elwatan.com/contributions/idees-debats/la-femme-et-les-droits-de-l-homme-en-droit-algerien-07-03-2011-114874_240.php ). L’importante contributo mostra le difficoltà e le sofferenze in cui le donne vivono nei Paesi a maggioranza islamica, dove religione e tradizioni tribali si mescolano nell’opprimere i diritti delle donne.
L’autore mostra anzitutto che l’Algeria ha ratificato tutte le convenzioni internazionali dell’Onu, meno quelle relative alle donne (diritti politici; nazionalità della donna sposata; consenso al matrimonio ed età minima delle nozze; eliminazione di tutte le forme di discriminazione). Solo di recente (nel ’94) il Paese ha ratificato la Convenzione Onu per l’eliminazione di ogni discriminazione, ma la legislazione tarda ad attuarla ed il codice di famiglia rimane “un ricettacolo infame ed ignobile di tutte le disuguaglianze di sesso nel diritto algerino”. In particolare, Nasr Eddine Lezzar punta il dito su alcune ingiustizie grossolane:
- Nel concludere il matrimonio, lo sposo può farlo senza intermediari; la sposa può farlo solo attraverso un tutore (il padre, un parente, il giudice) che verifichi la bontà e il valore del contratto. In pratica ciò significa che la donna non ha alcuna voce in capitolo nella decisione, tanto che l’assenza di un tutore matrimoniale rende nullo il matrimonio!
- Il codice algerino fa della poligamia un diritto incontrollato. Il marito deve solo avvertire la moglie (o le mogli). Nel caso in cui essa non sia d’accordo, come uniche possibilità ha quella di sottomettersi o il divorzio, abbandonando la casa.
- Per il divorzio, l’uomo può esigerlo per qualunque ragione, o anche senza ragione; la donna può chiederlo solo per alcune precise situazioni (negazione degli alimenti; assenza del marito per più di un anno senza scuse; infermità che blocca gli scopi del matrimonio; rifiuto dello sposo a condividere il letto matrimoniale per più di quattro mesi; condanna del marito a una pena infamante; errore immorale grave).
- Anche la custodia dei figli soffre di discriminazioni. Prerogative giuridiche riguardo i figli possono essere presi solo dal padre; la madre le può prendere solo con l’autorizzazione di un giudice. La custodia da parte della madre implica solo l’alloggio, il cibo, le cure.
- La madre che ha la custodia dei figli non gode automaticamente del diritto al domicilio coniugale. Ciò può avvenire solo se lo sposo possiede due case e se la sposa non ha parenti che possano accoglierla. La forte crisi degli alloggi in Algeria spesso porta madre e figli a non avere fissa dimora o a vivere in tuguri di fortuna.
- Nei matrimoni misti, la madre può esercitare la custodia dei figli solo se risiede in Algeria. Ad es.: una donna francese che vive in Francia, non può portare con sé i figli, a meno che il padre non lo permetta (ciò che è quasi impossibile).
- Anche nello scegliere l’educazione dei figli, il codice difende il diritto del padre (e non dei “genitori”, come dicono le convenzioni internazionali). Una non musulmana sposata a un musulmano algerino non potrà mai dire nulla sull’educazione dei figli.
Nasr Eddine Lezzar fa notare che il codice di famiglia “scellerato” è stato riformato nel 2005, ma non sembra aver sanato le disparità. Unico miglioramento per ora visibile è sul diritto al domicilio coniugale. Il vecchio codice metteva due condizioni perché la donna lo ottenesse. Il codice riformato esige per la donna un “domicilio decente”.
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