Autorità buddiste: rifiutate le offerte dei militari
Per la fine del digiuno buddista, la giunta ha assoldato finti monaci che accolgano i loro doni. I responsabili dei monasteri hanno invece chiesto a tutti i bonzi di non accettare alcuna offerta dalle autorità, pena la “scomunica”. Il ministro per la Religione chiede ai monaci di “comprendere” le ragioni della repressione.
Yangon (AsiaNews) – Continua la lotta silenziosa dei monaci buddisti contro la dittatura in Myanmar. Dopo la violenta repressione delle manifestazioni di piazza di settembre guidate dai bonzi, sembra quasi che il movimento pacifico contro il regime sia stato messo a tacere. Non è così. Il rifiuto dei monaci di accettare dai militari le tradizionali offerte, prima iniziativa di dissenso verso la politica della giunta, è sempre continuata anche durante queste settimane. E proprio “oggi risalterà in tutta la sua forza”. Ne sono convinti alcuni abitanti e attivisti di Mandalay contattati da AsiaNews.
Oggi in Myanmar si celebra l’annuale giornata dell’“offerta del riso” (Tha Din Gjut), giorno che segna la fine del mese di digiuno buddista. Per l’occasione i fedeli sono soliti donare ai religiosi nuove vesti rosse, ombrelli, cibo e altri oggetti di uso quotidiano. Ogni offerta porta il nome del donatore e vengono raccolte in pubblico. Ma quest’anno nessuno accetterà le donazioni che arrivano dai militari, riferiscono le fonti d AsiaNews. Un avviso di alcuni giorni fa diffuso dai responsabili di diversi monasteri nel Paese ha infatti avvertito che “chiunque accetterà offerte dai militari sarà disconosciuto”, una sorta di scomunica buddista. Molti bonzi hanno già rifiutato di recarsi alle funzioni di Stato.
I militari, preoccupati che si possano così riaccendere gli animi, hanno tentato di strumentalizzare l’evento ai fini della loro propaganda interna. Almeno da due giorni, in vista delle festività, stanno reclutando monaci che partecipino alle cerimonie organizzate dallo Stato e che accettino pubblicamente le offerte elargite dai soldati. Lo scorso 14 ottobre a Mandalay – raccontano alcuni abitanti – si è svolta una cerimonia ufficiale di offerta a cui erano presenti oltre 400 monaci; il fatto ha avuto molto spazio sui media locali. Ma la popolazione è convita che i militari abbiano costretto i religiosi a partecipare oppure abbiano addirittura assoldato una sorta di comparse. “Ci vuole poco – dicono – a far sembrare un semplice cittadino un monaco: basta rasarlo e fargli indossare un abito rosso”.
Il fine è quello di far credere alla nazione che i bonzi sono dalla parte del governo e che quelli scesi in piazza erano solo poche teste calde. Lo confermano le parole del ministro birmano per la Religione, Thura Myint Maunt, che ieri ha tenuto un raro discorso davanti ad alcuni bonzi. Il quotidiano governativo The New Light of Myanmar, riporta che il ministro ha chiesto ai religiosi buddisti di “comprendere” le ragioni che hanno spinto alla violenta repressione del mese scorso. Myint Maunt ha spiegato che le autorità hanno dovuto agire contro “monaci falsi, che hanno incitato la folla” spinti dal “presidente americano George W. Bush”. Egli ha poi chiesto scusa se negli arresti sono stati presi anche alcuni monaci innocenti.
Secondo dati ufficiali, la violenza usata per sedare le proteste pacifiche di fine settembre contro il regime ha causato 10 morti e 3mila persone arrestate, di cui la maggior parte già rimesse in libertà. Fonti diplomatiche e di gruppi per i diritti umani parlano, invece, di centinaia di vittime e oltre 6mila arresti e dell’esistenza di un almeno un forno crematorio fuori Yangon in cui le autorità gettavano manifestanti morti o solo feriti per occultare il numero reale delle vittime della repressione.
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