Autobombe ad Aleppo. Le cifre della guerra in Siria
Aleppo (AsiaNews/Agenzie) - Almeno due autobomba sono esplose stamane nel centro di Aleppo, seconda città della Siria, uccidendo decine di persone e lasciando molti feriti. Le esplosioni sono avvenute a piazza Saadallah al-Jabiri, vicino a una sede per gli ufficiali militari e a un hotel. La televisione di Stato ha parlato di "tre esplosioni terroriste" e ha mostrato scene di completa distruzione, con la facciata dell'hotel ridotta in rovina e persone sanguinanti.
Aleppo è la capitale commerciale della Siria, con una popolazione di 1,7 milioni. Dal luglio scorso essa è uno dei punti più infuocati del conflitto fra esercito siriano e ribelli.
Osservatori, responsabili di gruppi umanitari e lo stesso segretario generale dell'Onu fanno notare che mentre cresce l'intensità delle violenze nel Paese, emerge sempre più che nella guerra non vi sono né vincitori, né vinti. Il conflitto, divenuto ormai una guerra civile, era iniziato come un'appendice della primavera araba, con richieste di maggiore giustizia e democrazia. Ma alle tensioni interne si sono aggiunti interessi regionali di Turchia, Qatar e Arabia saudita - che appoggiano i ribelli - e Iran, Russia e Cina, che appoggiano il governo di Bashar el-Assad.
Ieri l'Unhcr (l'Alto commissariato Onu per i rifugiati) a Ginevra, ha diffuso le cifre dei rifugiati siriani nei Paesi vicini: da metà giugno fino ad oggi essi sono triplicati, passando da circa 100mila a 300mila, distribuiti in quattro Paesi: Turchia, Giordania, Libano e Iraq. Entro la fine dell'anno l'Unhcr teme che i profughi diverranno almeno 710mila e dovranno affrontare i mesi invernali di freddo rigido.
Le previsioni dell'organismo Onu dicono che in Turchia i profughi passeranno dagli attuali 93.500 a 280mila; in Iraq da 33.700 a 60mila; in Libano da 80.800 a 120mila; in Giordania da 103mila a 250mila.
Intanto, l'Osservatorio siriano per i diritti umani - basato all'estero in Gran Bretagna, ma con informatori in loco - comunica che nel conflitto sono morti finora almeno 31mila persone, di cui 22mila sono civili, compresi più di 2mila bambini.