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SRI LANKA
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Auto: nella stagione dei dazi, Colombo ha ripreso le importazioni

di Arundathie Abeysinghe

Mossa per aumentare le entrate fiscali, ma rischia di affossare la produzione interna che aveva registrato un periodo di forte espansione. L’associazione che riunisce gli operatori esprime grande “preoccupazione”. Per gli esperti è preferibile un regime fiscale “che incentivi i veicoli assemblati localmente”.

Colombo (AsiaNews) - Il settore dell’assemblaggio di automobili in Sri Lanka, che nell’ultimo periodo aveva registrato una forte espansione, è minacciato dalla recente decisione di imporre nuove tasse e di abolire il divieto di importazione dall’estero, senza di pari passo, introdurre una tutela per le aziende locali. Da qui l’allarme degli operatori, secondo i quali le misure attuali possono danneggiare gravemente i progressi raggiunti. Nell’isola vi sono 17 impianti di assemblaggio dei componenti, che producono varie tipologie di veicoli dalle autovetture ai Suv, fino ai veicoli elettrici a tre ruote. Un comparto che sostiene oltre 15mila dipendenti diretti e indiretti, a tutela della sua incidenza nell’economia nazionale. L’Associazione locale degli operatori esprime grande “preoccupazione” per la decisione del governo di riprendere l’importazione di “Completely built units” (CBUs), a partire dalla scorso febbraio. 

Sebbene le tasse sui beni importati siano una delle principali entrate per il governo, quelle applicate ai pezzi di ricambio delle automobili giocano un ruolo enorme nel controllo dell’industria automobilistica. Questo perché il Paese non dispone della tecnologia necessaria per progettare tutti i pezzi di ricambio delle automobili a livello locale, parte dei quali devono essere necessariamente importati. Le politiche governative sembrano concentrarsi dunque sui proventi legati ai balzelli, mentre per gli operatori un aumento dei costi rende sempre più difficile la possibilità di risultare competitivi sul mercato. Inoltre, queste tasse cambiano con grande frequenza, alimentando ancor più il quadro di incertezza e risultando così sfavorevoli all’industria automobilistica. 

Nalin Welgama, fondatore di Ideal Motors, sottolinea che le attuali misure possano “danneggiare gravemente i progressi raggiunti”. Per questo egli ha voluto unire la sua azienda Ideal Motors all’indiana Mahindra and Mahindra, così da poter assemblare veicoli in loco, promuovendo in questo modo l’industria automobilistica nazionale. Attualmente, lo Sri Lanka dispone di 17 impianti di assemblaggio, ma altri 17 investitori sono in fila per unirsi al mercato, facendo presagire - almeno sulla carta - una crescita sostenuta.

Buddhini Samaratunga e Senaka Adikari, esperti di ingegneria meccanica, spiegano ad AsiaNews che “sebbene la mossa del governo di rimuovere il divieto di importazione di veicoli abbia lo scopo di aumentare le entrate fiscali, potrebbe minare la crescita delle imprese di assemblaggio”. Al contrario, aggiungono, è preferibile un regime fiscale “che incentivi i veicoli assemblati localmente” perché esso è “necessario per mantenere l’industria competitiva, attirare investimenti e prosperare nel lungo termine”.

“Attualmente, il settore della produzione di componenti auto dello Sri Lanka si sta guadagnando la reputazione di realizzare manufatti di alta qualità, posizionando il Paese come anello critico nella catena di fornitura regionale. Si sta lavorando - proseguono gli esperti - per far crescere i ricavi delle esportazioni di componenti da 800 milioni di dollari a due miliardi di dollari entro cinque anni, generando al contempo altri 45mila posti di lavoro. La procedura operativa standard (Sop) del governo per il settore, che ha portato a fornire un ambiente normativo definito, ha incentivato gli investimenti nazionali ed esteri”.

Secondo gli operatori del settore Mayantha Kulasekara e Chatura Dissanayaka “lo Sri Lanka ha la possibilità di esplorare joint venture con il settore automobilistico già affermato nel Tamil Nadu [India] per dimostrare la propria presenza nella regione dell'Asia meridionale. I veicoli elettrici (Ev) non sono un’opzione favorevole - proseguono - a causa dell’elevato prezzo iniziale e della scarsità di stazioni di ricarica pubbliche che potrebbero scoraggiarne le vendite nel Paese. La maggiore domanda di energia dei veicoli elettrici eserciterà inoltre una pressione sulla rete del Paese. Mentre l’industria automobilistica nazionale si sta sviluppando, è necessario intervenire immediatamente per proteggere i produttori nazionali e sostenere la ricchezza a lungo termine - concludono - in un mercato mondiale difficile ed emergente”.

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