Aung San Suu Kyi si appella al Congresso Usa, per i diritti umani in Myanmar
Diffuso un video-messaggio in Parlamento, in cui la Nobel per la pace chiede aiuto per la liberazione dei prigionieri politici e un’inchiesta sugli abusi nel Paese. È il primo, storico discorso della leader dell’opposizione ai deputati americani. La nascita della commissione Onu ostacolata da nazioni asiatiche, fra cui la Cina.
Yangon (AsiaNews/Agenzie) – Un aiuto per ottenere la liberazione degli oltre duemila prigionieri politici e un’azione decisa in seno alle Nazioni Unite, per avviare un’inchiesta sulla violazione dei diritti umani in Myanmar. È quanto ha chiesto Aung San Suu Kyi nel primo, storico discorso al Parlamento statunitense riunito a Washington. Le parole della Nobel per la pace erano contenute in un video-messaggio registrato in precedenza e trasmesso ieri nell’aula da un maxi-schermo. Il governo e l’intero Congresso Usa sono fra i più strenui sostenitori della leader dell’opposizione e, insieme all’Unione europea, promotori di una serie di sanzioni economiche e commerciali verso il regime birmano.
Per la leader della Lega nazionale per la democrazia (Nld) la libertà dei prigionieri politici è “cruciale per capire” se il nuovo governo – in teoria formato da civili, in realtà controllato dalla giunta militare da 20 anni al potere – è “sincero nelle sue aspirazioni democratiche”. “Perché – si domanda l’icona della lotta per i diritti umani – sono ancora in prigione” e costretti a vivere in condizioni disumane. E aggiunge che non ha senso l’esistenza di “prigionieri di coscienza nel Paese”, se l’esecutivo nominato dal Parlamento – frutto del voto-farsa tenuto nel novembre 2010 – è davvero intenzionato a “compiere progressi verso la democrazia”.
Aung San Suu Kyi, 66enne, ha trascorso 15 degli ultimi 21 anni agli arresti domiciliari e ha riguadagnato la libertà a metà novembre, all’indomani delle elezioni politiche. La “Signora” ha chiesto ai parlamentari Usa di fare “tutto quello che potete” per sostenere il lavoro di Tomas Ojea Quintana, inviato speciale Onu per i diritti umani in Myanmar, e dare vita a un comitato di inchiesta che indaghi sui casi di abusi, senza per questo trasformarsi in un tribunale internazionale.
In realtà gli Stati Uniti hanno promosso pubblicamente l’inchiesta Onu, ma hanno incontrato le resistenze di diversi Paesi asiatici, sui cui la Cina che oggi è ormai il primo partner commerciale della ex-Birmania. Attivisti per i diritti umani affermano che il Myanmar ha una percentuale record di abusi e violazioni, fra cui morti in carcere, omicidi extra-giudiziali, torture e violenze sessuali ai danni delle donne, oltre ai bambini soldato e il lavoro forzato per l’esercito.
Per la leader della Lega nazionale per la democrazia (Nld) la libertà dei prigionieri politici è “cruciale per capire” se il nuovo governo – in teoria formato da civili, in realtà controllato dalla giunta militare da 20 anni al potere – è “sincero nelle sue aspirazioni democratiche”. “Perché – si domanda l’icona della lotta per i diritti umani – sono ancora in prigione” e costretti a vivere in condizioni disumane. E aggiunge che non ha senso l’esistenza di “prigionieri di coscienza nel Paese”, se l’esecutivo nominato dal Parlamento – frutto del voto-farsa tenuto nel novembre 2010 – è davvero intenzionato a “compiere progressi verso la democrazia”.
Aung San Suu Kyi, 66enne, ha trascorso 15 degli ultimi 21 anni agli arresti domiciliari e ha riguadagnato la libertà a metà novembre, all’indomani delle elezioni politiche. La “Signora” ha chiesto ai parlamentari Usa di fare “tutto quello che potete” per sostenere il lavoro di Tomas Ojea Quintana, inviato speciale Onu per i diritti umani in Myanmar, e dare vita a un comitato di inchiesta che indaghi sui casi di abusi, senza per questo trasformarsi in un tribunale internazionale.
In realtà gli Stati Uniti hanno promosso pubblicamente l’inchiesta Onu, ma hanno incontrato le resistenze di diversi Paesi asiatici, sui cui la Cina che oggi è ormai il primo partner commerciale della ex-Birmania. Attivisti per i diritti umani affermano che il Myanmar ha una percentuale record di abusi e violazioni, fra cui morti in carcere, omicidi extra-giudiziali, torture e violenze sessuali ai danni delle donne, oltre ai bambini soldato e il lavoro forzato per l’esercito.
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