Aung San Suu Kyi negli Usa: in agenda riforme, sanzioni e il dramma Rohingya
Washington (AsiaNews/Agenzie) - La leader dell'opposizione democratica in Myanmar Aung San Suu Kyi inizia oggi un tour di 17 giorni negli Stati Uniti, dove incontrerà i vertici del governo statunitense, oltre che esuli, dissidenti ed esponenti di primo piano della diaspora birmana. Prima tappa del viaggio la capitale Washington, dove sono in programma colloqui con alti ufficiali del Dipartimento di Stato e della Casa Bianca. Fra questi, un possibile faccia a faccia col presidente americano Barack Obama. Al centro della discussione le recenti riforme politiche e sociali avviate dal governo centrale a Naypyidaw, la cancellazione totale delle sanzioni economiche Usa alla ex Birmania e il dramma della minoranza musulmana Rohingya nella nazione del sud-est asiatico, da mesi vittima di una violenza persecuzione di natura etnico-religiosa.
A Washington la Nobel per la pace riceverà la medaglia d'oro dal Congresso (il Parlamento Usa, ndr), massima onorificenza civile negli Stati Uniti, che le è stata insignita nel 2008 mentre era agli arresti domiciliari. A seguire, la "Signora" volerà a New York, dove ha vissuto dal 1969 al 1971, per poi proseguire nel Midwest e concludere il viaggio in California, a San Francisco, dove è presente una nutrita comunità di esuli birmani.
Dal suo rilascio nel novembre 2010, il Myanmar ha avviato un lungo processo di riforme democratiche dopo decenni di dittatura militare; una transizione che ha portato la Nobel per la pace in Parlamento. Tuttavia, restano molte voci critiche fra dissidenti e oppositori, secondo cui si tratta solo di un cambiamento "di facciata" con il consenso delle alte schiere dell'esercito, il vero potere forte del Paese. Di recente il presidente Usa Barack Obama e il governo americano hanno rimosso parte delle sanzioni commerciali e si valuta ora la cancellazione completa.
Alla vigilia della partenza Nyan Win, portavoce della Lega nazionale per la democrazia (Nld), il partito della "Signora", ha dichiarato che potrà parlare "della situazione delle riforme in Myanmar" e che cercherà di far fruttare "questa opportunità". Ma l'altro tema caldo è legato al dramma della minoranza Rohingya, vittima di persecuzioni ad opera della maggioranza buddista con il sostegno dei militari nello Stato occidentale di Rakhine. Nel recente passato la leader dell'opposizione ha mantenuto un atteggiamento prudente sui conflitti etnici e il diritto di cittadinanza all'etnia musulmana; a una precisa domanda nel giugno scorso ha risposto: "non lo so".
La scorsa settimana l'ambasciata Usa a Yangon ha espresso "grande preoccupazione" per la situazione umanitaria nello Stato di Rakhine.