Aumentano i dissidenti in fuga dal Nord: colpa di Pyongyang e Pechino
di Joseph Yun Li-sun
Resi noti oggi i dati relativi agli esuli dal Nord nei primi 6 mesi del 2011: oltre 1400 persone hanno lasciato il regime per il Sud. Il numero rappresenta un aumento considerevole, che per gli esperti va imputato alla maggiore repressione cinese nei confronti di chi chiede asilo.
Seoul (AsiaNews) - Nei primi 6 mesi del 2011, più di 1400 persone sono fuggite dalla Corea del Nord e hanno trovato rifugio al Sud. Il numero rappresenta un aumento del 14 % rispetto allo stesso dato dell’anno scorso, e si spiega con l’aumento feroce della repressione non soltanto di Pyongyang, ma anche di Pechino. Negli anni precedenti infatti la Cina – primo Paese di destinazione di praticamente tutti i fuggiaschi – aveva operato una politica di tiepida accoglienza: negli ultimi mesi questa è sparita, lasciando il posto a una “caccia all’uomo” contro i coreani.
I dati sono stati pubblicati da Hanawon, il Centro per l’accoglienza e l’educazione dei rifugiati nordcoreani con base a Seoul. Secondo i numeri, il 15 % degli esuli entra nel Sud a meno di un anno dalla fuga dal Nord: anche questo dato è in aumento, dato che di solito passano almeno tre anni in Cina per far perdere le proprie tracce. Aumentano anche i “ricongiungimenti” familiari: anche se la pratica è illegale, l’11 % dei rifugiati dichiara di essere scappato per riunirsi ai propri cari.
Subito dopo il rilascio dei dati, un portavoce di Hanawon spiega: “Sembra assurdo, ma il rafforzamento della repressione cinese contro gli esuli è la causa principale dell’aumento. Pechino diventa sempre più dura, e per questo i coreani fuggono il prima possibile. Aumentano i casi di intere famiglie in fuga: temono, se fermati in Cina, di essere rimandati a casa e lì condannati a morte”.
Secondo il Centro, il 75 % di coloro che scappano ha fra i 20 e i 49 anni: il 15 % è adolescente; il 5 % supera i 50 anni mentre il restante 5 % ha 60 anni o più. Le donne sono il 72 % del numero totale: una diminuzione del 4 % rispetto al 2009-2010. La maggior parte degli esuli, in Corea del Nord, faceva il contadino o era disoccupato; il 6 % faceva parte della sfera tecnica o amministrativa; il 3,3 % era commerciante mentre l’1,3 % faceva parte dell’esercito.
I dati sono stati pubblicati da Hanawon, il Centro per l’accoglienza e l’educazione dei rifugiati nordcoreani con base a Seoul. Secondo i numeri, il 15 % degli esuli entra nel Sud a meno di un anno dalla fuga dal Nord: anche questo dato è in aumento, dato che di solito passano almeno tre anni in Cina per far perdere le proprie tracce. Aumentano anche i “ricongiungimenti” familiari: anche se la pratica è illegale, l’11 % dei rifugiati dichiara di essere scappato per riunirsi ai propri cari.
Subito dopo il rilascio dei dati, un portavoce di Hanawon spiega: “Sembra assurdo, ma il rafforzamento della repressione cinese contro gli esuli è la causa principale dell’aumento. Pechino diventa sempre più dura, e per questo i coreani fuggono il prima possibile. Aumentano i casi di intere famiglie in fuga: temono, se fermati in Cina, di essere rimandati a casa e lì condannati a morte”.
Secondo il Centro, il 75 % di coloro che scappano ha fra i 20 e i 49 anni: il 15 % è adolescente; il 5 % supera i 50 anni mentre il restante 5 % ha 60 anni o più. Le donne sono il 72 % del numero totale: una diminuzione del 4 % rispetto al 2009-2010. La maggior parte degli esuli, in Corea del Nord, faceva il contadino o era disoccupato; il 6 % faceva parte della sfera tecnica o amministrativa; il 3,3 % era commerciante mentre l’1,3 % faceva parte dell’esercito.
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