28/04/2010, 00.00
IRAN
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Aumentano i disoccupati mentre l’economia di Teheran languisce

Licenziamenti cresciuti del 49% a Teheran e del 70% a livello nazionale. Il Paese ricchissimo di risorse, le spreca con i progetti nucleari. Le importazioni distruggono l’economia locale, ma favoriscono la Cina in cambio di appoggio politico internazionale.
Teheran (AsiaNews) – Licenziamenti e chiusura di fabbriche sono in aumento in tutto l’Iran, suscitando la protesta dei lavoratori e l’allarme dei sindacati, che avvertono: il livello della crisi non ha precedenti nel Paese. Le stesse autorità del regime non nascondono dati preoccupanti. La percentuale di licenziamenti è salita del 49% a Teheran e del 70% su scala nazionale rispetto ai dati dell’anno scorso. Durante la settimana passata, riporta il sito vicino all’opposizione Rooz, gli operai licenziati sono stati almeno 2500 nel settore industriale e del pellame solo a Ilam e Mashad. Nelle ultime settimane, dicono fonti interne ai sindacati, i lavoratori rimasti disoccupati ammontano a 4mila.
 
La crisi nell’industria iraniana ha raggiunto un tale livello, che Alireza Mahjoub, capo della House of Labor – l’organizzazione ufficiale dei lavoratori - prevede per il futuro la chiusura di centinaia di medie e grandi imprese e il successivo licenziamento di 200mila operai all’anno.
 
L’ondata di chiusure ha colpito anche le fabbriche di pellame di Mashhad (la seconda città del Paese). Secondo vari esperti, finora gli operai rimasti a casa sono almeno 1500. In questo settore hanno giocato molto la forte concorrenza sul mercato interno dei prodotti arrivati da Cina e Thailandia e venduti a basso costo sul mercato locale. Negli ultimi cinque anni la domanda di lavoro è crollata. Le importazioni, soprattutto quelle dalla Cina - incoraggiate dal presidente Ahmadinejad in cambio di appoggio politico internazionale - ha portato al fallimento di numerose fabbriche.
 
A Teheran, il numero di lavoratori dell’impianto Pars Electric, uno dei più grandi della città, è sceso da 3500 a 150 nell’ultimo anno, fa sapere l’agenzia del Lavoratori (Ilna). A Tabriz, molti lavoratori del settore manifatturiero sono stati licenziati. Tra le compagnie interessate ai tagli, anche colossi come la Motogen (che produce motori elettrici) e la Bonyan Diesel (motori e generatori).
 
Stanno affrontando seri problemi e attuando una politica di tagli al personale anche molte industrie nella provincia di Fars e nella regione di Kheirabad, così si moltiplicano gli scioperi e le proteste a cui però il regime sembra rimanere sordo.
 
Crisi economica, un’industria allo sfacelo e la povertà di milioni di lavoratori in Iran sono solo alcune delle conseguenze dell’impopolare politica del regime islamico, che sta sprecando le vaste risorse del Paese mentre pensa allo sviluppo dell’arma atomica. Il Paese era in recessione anche prima delle elezioni dell’anno scorso e la situazione potrà solo peggiorare con l’attuazione del disegno di legge sul taglio delle sovvenzioni statali a trasporti, energia e beni essenziali come riso e farina. Se approvato, il piano porterà l’inflazione alle stelle. Tolti i sussidi, le fabbriche del settore elettrico, che attualmente lavorano in perdita o sotto capacità, cominceranno anche loro a chiudere e licenziare. Già a febbraio, il mancato arrivo di fondi pubblici ha portato alla chiusura di tre impianti elettrici, con la seguente perdita di 1500-2mila posti di lavoro.
 
La House of Labor ha proposto di organizzare una serie di eventi in occasione della Giornata dei lavoratori il 1° maggio, ma il ministro degli Interni e il governatore di Teheran hanno già rifiutato la richiesta.
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