Attivisti sociali: Colombo deve risolvere la questione tamil
di Melani Manel Perera
Gli “indiani tamil” dello Sri Lanka (originari dello Stato indiano del Tamil Nadu) non hanno ancora la cittadinanza e non godono dei diritti primari: lavoro, cibo, casa e terra. Discriminati donne e bambini. Nonostante lo Sri Lanka sia tra i firmatari della Convenzione internazionale Onu sui Diritti economici, sociali e culturali.
Colombo (AsiaNews) – “I diritti primari di ogni comunità etnica devono essere protetti. Diritto al lavoro, al cibo, a una casa, alla terra; diritti di donne e bambini: oggi assistiamo a enormi violazioni, in ogni aspetto della vita. I diritti umani dovrebbero permettere alle diverse comunità etniche di vivere insieme in piena uguaglianza”. Lo denuncia il Collective 4 ESC Rights (Collective for Economic, Social and Cultural Rights), in un seminario speciale organizzato per chiedere conto allo Stato di cosa sta facendo per le minoranze etniche del Paese, in particolare gli “indiani tamil”, dal momento che lo Sri Lanka è tra i Paesi firmatari della Convenzione internazionale Onu sui Diritti economici, sociali e culturali.
I cosiddetti “indiani tamil” dello Sri Lanka sono i discendenti delle popolazioni originarie del Tamil Nadu (Stato meridionale dell’India), che nel 19mo e 20mo secolo vennero mandate a lavorare nelle piantagioni da tè a Ceylon. Essi appartengono allo stesso ceppo etnico dei “tamil dello Sri Lanka”, ma questi ultimi sono originari del regno di Jaffna.
S. Murugaiayh, del Plantation Sector Social Forum (Pssf), spiega: “Gli indiani tamil che lavorano nelle piantagioni da tè vivono in capanne minuscole costruite più di 200 anni fa. Sono abitazioni troppo piccole per famiglie numerose come le loro, senza servizi igienici adeguati. Ma non possono costruirsi case più grandi, o rischiano di perdere il lavoro e le strette capanne in cui vivono”.
Ad aggravare le condizioni di vita di queste comunità c’è anche una questione legale. “Il Citizenship Act n.18 del 1948 – spiega Murugaiayh – aveva privato gli indiani tamil della cittadinanza e non è mai stata abrogata. Questo nonostante il Grant of Citizenship to Persons of India Origin Act del 2003 abbia sancito la concessione di tale diritto. Così, migliaia di persone che lavorano e contribuiscono all’economia nazionale, vivono come apolidi nel loro Paese, senza poter godere dei loro diritti economici, sociali e culturali”.
K.P. Somalatha, una rappresentante della National Alliance for Right to Land, punta il dito contro “tutti i progetti di sviluppo attuati dal governo, che hanno sradicato migliaia di persone dalle loro terre d’origine e dalle loro vite. Anche questa è una totale violazione dei diritti umani”. Nell’ultimo anno il governo del presidente Mahinda Rajapaksa ha avviato una serie di progetti di sviluppo – soprattutto nell’ambito del turismo – per rendere lo Sri Lanka una “Meraviglia dell’Asia”. Piani che colpiscono le fasce più deboli della popolazione: contadini, allevatori e pescatori in primis.
I cosiddetti “indiani tamil” dello Sri Lanka sono i discendenti delle popolazioni originarie del Tamil Nadu (Stato meridionale dell’India), che nel 19mo e 20mo secolo vennero mandate a lavorare nelle piantagioni da tè a Ceylon. Essi appartengono allo stesso ceppo etnico dei “tamil dello Sri Lanka”, ma questi ultimi sono originari del regno di Jaffna.
S. Murugaiayh, del Plantation Sector Social Forum (Pssf), spiega: “Gli indiani tamil che lavorano nelle piantagioni da tè vivono in capanne minuscole costruite più di 200 anni fa. Sono abitazioni troppo piccole per famiglie numerose come le loro, senza servizi igienici adeguati. Ma non possono costruirsi case più grandi, o rischiano di perdere il lavoro e le strette capanne in cui vivono”.
Ad aggravare le condizioni di vita di queste comunità c’è anche una questione legale. “Il Citizenship Act n.18 del 1948 – spiega Murugaiayh – aveva privato gli indiani tamil della cittadinanza e non è mai stata abrogata. Questo nonostante il Grant of Citizenship to Persons of India Origin Act del 2003 abbia sancito la concessione di tale diritto. Così, migliaia di persone che lavorano e contribuiscono all’economia nazionale, vivono come apolidi nel loro Paese, senza poter godere dei loro diritti economici, sociali e culturali”.
K.P. Somalatha, una rappresentante della National Alliance for Right to Land, punta il dito contro “tutti i progetti di sviluppo attuati dal governo, che hanno sradicato migliaia di persone dalle loro terre d’origine e dalle loro vite. Anche questa è una totale violazione dei diritti umani”. Nell’ultimo anno il governo del presidente Mahinda Rajapaksa ha avviato una serie di progetti di sviluppo – soprattutto nell’ambito del turismo – per rendere lo Sri Lanka una “Meraviglia dell’Asia”. Piani che colpiscono le fasce più deboli della popolazione: contadini, allevatori e pescatori in primis.
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