09/10/2007, 00.00
INDIA – MYANMAR
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Attivisti indiani: Delhi smetta di appoggiare la repressione birmana

di Nirmala Carvalho
Secondo Lenin Raghuvanshi, vincitore del Premio Gwangju 2007, l’atteggiamento dell’esecutivo indiano getta vergogna su tutta la popolazione. Soltanto con l’aiuto della comunità internazionale, in primis Pechino e Delhi, si potrà fermare la carneficina in Myanmar.
Delhi (AsiaNews) – La popolazione indiana “si vergogna e si sente disonorata per l’atteggiamento passivo che il suo governo tiene nei confronti del Myanmar” ed invita l’esecutivo “ad intervenire con decisione per fermare la repressione della giunta birmana contro la popolazione civile”. E’ il senso di una lettera aperta inviata al governo dell’Unione indiana da Lenin Raghuvanshi, direttore della Commissione vigilanza diritti umani e vincitore del Premio Gwangju 2007, il “Nobel per la pace” asiatico.
 
Nel testo, l’attivista sottolinea che “quella a cui assistiamo è una delle più grandi dimostrazioni di volontà da parte di un popolo, che chiede la democrazia in maniera pacifica. Proprio per questo, è ancora più doloroso vedere con che violenza questa richiesta viene respinta. Condanniamo con forza i militari ed esprimiamo vicinanza alla popolazione”. Questo però “non basta: molti governi di tutto il mondo hanno fatto sentire la propria voce contro questo scempio, mentre Delhi è rimasta in silenzio. Questo atteggiamento è ancora più umiliante se si considera la grande tradizione indiana di rispetto per i diritti umani. Dobbiamo continuare questa tradizione, e non fermarci davanti agli interessi commerciali”.
 
Ad AsiaNews, Raghuvanshi commenta: “Noi siamo indiani, e fra i nostri grandi maestri vi sono il Buddha e Gandhi. Per questo, non possiamo fare altro che ammirare la forza non violenta dei monaci birmani, e piangere per il massacro compiuto dai militari, che non ha senso e crea soltanto dolore”.
 
Dello stesso avviso anche John Joseph Clancy, direttore della Commissione asiatica per i diritti umani, che ad AsiaNews sottolinea: “Per poter concludere questa vicenda con giustizia, è fondamentale la cooperazione degli organismi internazionali, ma soprattutto serve la volontà di Cina ed India: sono loro che, invece di pensare alle risorse petrolifere del Myanmar, devono intervenire”. Secondo Clancy, infatti, “per assicurarsi gas, petrolio e legno, Pechino e Delhi impediscono alla comunità internazionale di intervenire contro la repressione della giunta. Ora è arrivato il momento di far sentire la nostra voce, e pretendere quanto meno l’ingresso nel Paese della Croce Rossa internazionale. Il massacro deve finire”.
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