28/02/2011, 00.00
TIBET – CINA
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Attivista tibetano: “L’onda popolare arriverà anche in Cina, il Partito è a rischio”

Secondo Urgen Tenzin, direttore del Centro tibetano per i diritti umani e la democrazia, le proteste sociali in corso in Cina sono simili a quelle che scuotono Medioriente e Africa settentrionale: “Se il Partito vuole sopravvivere, inizi a garantire le libertà civili del suo popolo”.
Dharamsala (AsiaNews) – “La mente dei popoli non può essere controllata dal regime comunista o da un sistema militare repressivo. Gli arresti dei dissidenti, le proteste popolari contro il governo centrale e lo spirito rivoluzionario che agitano la Cina sono figli della mancanza di libertà nel Paese. Non c’è molto altro da dire”. È quanto dichiara ad AsiaNews Urgen Tenzin, direttore del Centro tibetano per i diritti umani e la democrazia, commentando la recente ondata di arresti e violenze contro gli attivisti democratici.

Queste rivolte, spiega il dissidente, “sono simili a quelle che agitano l’Egitto o la Libia. Nonostante la censura totale operata dal regime, lo spirito del popolo non può essere schiacciato. Le proteste popolari che si verificano sul territorio indicano quanto sia sbagliata la mancanza di libertà, quanto sia sbagliato un Paese dove tutte le libertà sono ristrette”.

L’apparato giudiziario, continua, “è ‘politicamente motivato’ e le aspirazioni popolari per i diritti umani fondamentali sono trattate con durezza estrema. Per questo durante le proteste del 2008 in Tibet le autorità cinesi hanno arrestato gli intellettuali, quelli che cercano di chiarire le asspettative del popolo”.

Commentando l’arresto di Mao Hengfeng, che combatte da anni contro la politica del figlio unico, Tenzin aggiunge: “La stessa politica in sè è sbagliata: nessun governo può permettersi di regolare o intervenire sul diritto alla vita. Il Partito comunista vuole controllare la popolazione, ma non si cura di come questa viva. Il sistema sanitario è carente, laddove esiste, e in molte parti non è neanche presente”.

In quest’ottica, conclude, “vanno letti anche gli arresti contro l’etnia tibetana. Al momento ci sono ancora 1.542 attivisti in galera per le proteste durante le Olimpiadi di Pechino del 2008: non hanno assistenza legale e non hanno goduto di un processo giusto. L’unica soluzione per il Partito, se vuole sopravvivere, è rispettare libertà, diritti e aspettative del popolo”.  (N.C.)

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