Attentatori di Bali: per l’islam sono eroi o criminali?
Jakarta (AsiaNews) – Reazioni contrastanti nel mondo islamico indonesiano alla notizia della esecuzione, fissata per i primi di novembre, dei tre responsabili della strage di Bali, nel 2002, nella quale morirono oltre 200 persone. Se una parte delle scuole craniche fondamentaliste celebra gli attentatori quali “eroi” e protagonisti della “guerra santa”, altri definiscono l’attacco “una risposta sproporzionata” all’oppressione del mondo islamico e stigmatizzano l’uccisione di persone innocenti.
Il 24 ottobre scorso il generale Bambang Hendarso Danuri, capo della polizia indonesiana, ha confermato che il plotone di elite della polizia, conosciuto con il nome di Brimob, sta approntando gli ultimi preparativi per procedere all’esecuzione di Amrozi, Imam Samudra e Ali Gufron, fratello maggiore di Amrozi detto anche Mukhlas. “Affronteranno il plotone di esecuzione ai primi di novembre”, annuncia il generale Danuri, senza specificare il giorno preciso. Egli riferisce anche la richiesta, arrivata personalmente dal trio, di seppellire i cadaveri nei luoghi d’origine. Amrozi e Mukhlas a Lamongan, nella provincia di East Java, e Imam Samudra a Serang, nella provincia di Banten.
Il generale Danuri conferma un rafforzamento generale delle misure di sicurezza nel Paese; sotto controllo nuovi “obiettivi sensibili” che si aggiungono ai luoghi in cui vi è una presenza di cittadini o istituzioni americane, possibili target di attacchi terroristici. Il 21 ottobre le forze della sicurezza hanno sventato un attentato al maxi deposito di carburante a nord della capitale.
I familiari di Amrozi hanno annunciato di voler visitare “per l’ultima volta” i loro congiunti nel carcere di massima sicurezza di Nusakambangan, nel distretto di Cilacap; Lulu Jamaluddin, fratello minore di Imam Samudra, ne ribadisce l’assoluta innocenza: “Credo fermamente – sottolinea Lulu Jamaluddin – che l’attacco bomba non sia opera dei tre accusati”.
Nel mondo musulmano indonesiano si moltiplicano le voci a sostegno di Amrozi e dei suoi compagni. Solidarietà viene espressa dagli studenti della scuola islamica Darusy Syahadah, per i quali essi sono “combattenti” della “guerra santa”. “Sono persone come noi – afferma Nawawi, studente 18enne – volevano solo compiere un’opera buona”. Gli esperti di terrorismo spiegano che la scuola cranica di Darusy Syahadah è stata a lungo un centro di reclutamento e indottrinamento della Jemaah Islamiah, il gruppo fondamentalista indonesiano legato ad al Qaeda. Fra i suoi alunni figurava anche Salik Firdaus, l’attentatore suicida che si è fatto esplodere nel 2005 a Bali uccidendo 20 persone.
Gli esperti di terrorismo internazionale sottolineano però che il quadro del Paese è molto più “complesso e articolato”, tanto che il sostegno alla lotta promossa dalla Jemaah Islamiah è crollato dopo i ripetuti attacchi che hanno causato numerose perdite fra i civili. Molte scuole infatti, pur appoggiando la “guerra santa”, hanno subito l’influenza della politica governativa volta allo “sradicamento” del terrorismo, che ha in parte bloccato le stragi. Anche il direttore della scuola islamica Darusy Syahadah, Mustaquim, conferma che le motivazioni alla base degli attentati suicida sono “nobili”, ma il “metodo” è sbagliato.
Alla scuola coranica al-Mukmin di Ngriki, fondata dal capo spirituale di Jemaah Islamiah Abu Bakar Bashir, si rende omaggio ai terroristi, ma le opinioni sono discordanti. Secondo il leader fondamentalista Bashir, l’attacco a Bali del 2002 è opera di una “micro-bomba contente testate nucleari” piazzate dalla Cia, perché l’ordigno innescato da Amrozi e dai compagni avrebbe solo “distrutto qualche vetro, causando al massimo pochi feriti”. Parere diverso arriva invece dal preside della scuola, Wahyudin, che definisce gli attacchi bomba indiscriminati a bar e night-club dell’isola di Bali una “risposta sproporzionata alla politica di oppressione globale verso i musulmani”.