Asian Mission Congress: I cattolici dell'Asia per il mondo
Le chiese asiatiche sono "minoranza", ma crescono in conversioni e vocazioni. Nel prossimo futuro sarà affidata a loro la missione nel mondo intero. C'è una "via asiatica" della missione: la fede cristiana va comunicata con "orgoglio" e "rispetto", con la testimonianza e non coi "concetti".
Chiang Mai (AsiaNews) Con una liturgia solenne presieduta dal card. Ivan Dias, prefetto del dicastero vaticano per le missioni, ha avuto inizio il Congresso missionario asiatico. Nella grande sala addobbata con fiori, troni, stendardi, bandiere del Vaticano e della Thailandia, due grandi schermi ai lati hanno proiettato le immagini della cerimonia e i testi dei canti per gli oltre mille delegati. Il sito www.catholic.or.th ha dato in diretta le immagini via internet e sarà aperto per tutta la durata del convegno.
All'inizio della messa il nunzio Salvatore Pennacchio ha letto la lettera del papa, che nominava suo legato il card. Crescenzio Sepe, arcivescovo di Napoli, per la sua "rilevante esperienza missionaria". Il card. Sepe ha poi aggiunto alcune note introduttive all'Amc.
Il primo giorno di lavori è stato dedicato ai discorsi introduttivi, ma anche alle prospettive della missione in Asia.
Mons. Orlando Quevedo (Filippine), segretario della Fabc, ha messo in luce alcuni "primati" del continente: il più popoloso; il più giovane (il 50% della popolazione è sotto i 25 anni); il più povero (i 2/3 dei poveri nel mondo sono in Asia). Ma ha anche aggiunto che l'Asia è piena di grandi ricchezze spirituali e che la stessa Chiesa asiatica sta giungendo alla maturità, diffondendo missionari anche nelle chiese antiche in Europa e America. L'Annuario statistico della Chiesa mostra che dal '78 al 2004 i sacerdoti asiatici sono aumentati quasi del 100% (da 27.700 a 48.222); i seminaristi sono passati da 11.536 a 29.220 (più del 153%). A questi vanno aggiunti almeno alcune migliaia di vocazioni asiatiche entrate negli istituti religiosi tradizionali. Guardando alla riduzione di sacerdoti e vocazioni nelle Chiese di antica data, la conclusione più probabile è che nel prossimo futuro la missione della Chiesa nel mondo sarà affidata a cattolici asiatici.
Questa responsabilità verso il mondo da parte di una Chiesa cosiddetta "di minoranza", porta a sottolineare che occorre trovare una "via asiatica" alla missione.
Tale via non è una rivendicazione geografica, opposta all'occidente o alle chiese dell'occidente. Essa è anzitutto il bisogno che tutti i cattolici asiatici scoprano con decisione la loro vocazione missionaria. "Troppo spesso racconta mons. Joseph Sangval Surasaring, vescovo di Chiang Mai i miei cattolici pensano che missionari sono solo i preti e le suore. Questo Congresso deve aiutarli a capire che il dono ricevuto deve essere offerto con discrezione, ma anche con nettezza, a chiunque si incontra". Proprio per aiutare la maturazione di questa coscienza, tutti i pomeriggi qui all'Amc vi sono gruppi di 8-10 persone che assimilano le proposte, raccontano fatti, maturano decisioni. Due interi piani dell'albergo si trasformano in un enorme accampamento, dove seduti attorno a tavolini, parlano e discutono persone vestite con i sari indiani, altri con copricapo arabi o turkmeni, altri con indosso casacche cinesi, o con le lunghe gonne thai.
Mons. Quevedo ha sottolineato che il primo elemento su cui maturare è una coscienza chiara della nostra identità, "la fierezza, l'orgoglio della fede cristiana". Tale fierezza va poi testimoniata al prossimo nella carità, nel dialogo, nella gioia. Le parole "gioia" e "testimonianza" sono quelle più citate negli interventi. Per spazzare ogni dubbio, mons. Saturnino Dias, coordinatore dell'Amc, ha detto che per essere missionari non occorre essere dotati intellettualmente. "Non c'è bisogno di 'dimostrare', ma di 'proclamare' con la vita che Gesù è l'unico Salvatore".
Tutto questo si fa "raccontando la propria storia" di incontro con Gesù. Proprio questo pomeriggio, prima dei gruppi, alcuni relatori, fra cui mons. John Tong, vescovo ausiliare di Hong Kong, ha messo in luce come la fede si propaga a Hong Kong e in Cina, sottolineando il valore dei rapporti e dell'educazione familiare.
Il tema della "storia" e del "raccontare" è stato affrontato in modo specifico dal giovane vescovo di Imus (Filippine), mons. Luis Antonio Tagle. Con esempi vivaci e applauditissimi, mons. Tagle ha detto che quella di "raccontare le storie" è un vero metodo "asiatico", che suppone una persona coinvolta con ciò che racconta, che mostra i segni del suo racconto nella vita. L'accento è dunque messo non nei "concetti", ma nei "fatti verificabili". In tal senso questo metodo "asiatico" è in fondo quello di Gesù, del "vieni e vedi". Mons. Tagle ha detto anche che per essere missionari, i cattolici devono "ascoltare la storia dell'amore di Dio per noi, che è Gesù Cristo" e dopo averla assimilata nella preghiera e nel silenzio, "raccontarla a nostra volta" dentro la nostra vita con "la parola, gli scritti, le foto, i video, i gesti, il silenzio, lavorando per i poveri, come Madre Teresa, ecc ".
Egli ha anche accennato alla persecuzione, così presente in Asia, dicendo che vi è anche "chi cerca di sopprimere le storie e la storia di Gesù". "La sua fine umiliante ha detto - doveva essere la fine della sua storia", ma il Padre "non ha smesso di parlare" attraverso di Lui e la sua Chiesa. E ha concluso con l'invito ai presenti: "Andate, continuate a raccontate la mia [di Gesù] storia a tutti".