Arresti, divieti, controlli: la Cina ha paura della Rivoluzione dei Gelsomini
Pechino (AsiaNews/Agenzie) – Altri 3 attivisti arrestati dalla polizia, per paura che istighino proteste analoghe alla Rivoluzione dei Gelsomini. Dopo che su internet anonimi hanno invitato la gente a spontanee proteste di piazza come nelle rivolte in atto in Africa del Nord, la Cina applica sempre maggiori misure preventive. Il China Human Rights Defenders riporta che l’attivista Wei Qiang è da giorni incarcerato dalla polizia del distretto di Haidian (Pechino) per il solo “sospetto” di avere partecipato a una “protesta illegale”. Il 20 febbraio ha registrato e trasmesso con il suo account di Twitter scene prese davanti al McDonald di Wangfujing, uno dei luoghi indicato da anonimi su internet per scendere in piazza. In realtà non c’è stata nessuna protesta. Ma la polizia, presente in forza, lo ha arrestato.
Pure da giorni la polizia ha arrestato Wang Chengming di Guiyang (Guizhou). La moglie ignora l’accusa e non le è permesso di vederlo.
Quan Lianzhao, 60 anni, autrice di petizioni, è stata presa dalla polizia a Pechino il 26 febbraio e “riportata” con la forza a Nanning (Guangxi), dove l’hanno incarcerata per “sovversione contro il potere statale”. Il 20 febbraio, giorno indicato su internet per fare proteste spontanee, era presente al Parco Chaoyang di Pechino, dove peraltro non c’è stata alcuna protesta.
Per prevenire proteste di piazza, da settimane le autorità hanno arrestato o minacciato oltre 100 dissidenti e democratici. Le proteste di piazza annunciate via internet per il 20 e il 27 febbraio non ci sono state, ma centinaia di poliziotti hanno presidiato il centro delle grandi città per impedirle. Ora su internet anonimi irridono le autorità per il loro “orrore e paura verso la popolazione, come se dovessero affrontare un pericolo mortale”. Osservano la “debolezza” di un potere che teme persino un pacifico assembramento.
In questi giorni su internet c’è un nuovo invito a protestare domenica 6 marzo in 23 grandi città.
Esasperato dalla possibilità di rivolte, oggi il governo centrale ha proibito ai giornalisti esteri di recarsi senza permesso nella popolare zona di negozi Wanfujing a Pechino, indicata tra i luoghi di protesta e dove il 27 febbraio la polizia ha aggredito un gruppetto di giornalisti stranieri. Ieri il ministro cinese degli Esteri ha biasimato i giornalisti per avere creato “confusione”, non rispettando le regole e fermandosi senza ragione in una strada affollata. E’ pure loro proibito fare fotografie e fermare persone creando assembramenti “senza autorizzazione”.
Il 1° marzo il governo municipale di Pechino ha annunciato che attuerà il progetto Information Platform of Real-time Citizen Movement, in grado di controllare gli oltre 20 milioni di abitanti per l’intero giorno, in qualsiasi loro attività, verificandone la posizione tramite i telefoni cellulari.