Armi degli Stati Uniti ai ribelli in Siria
Washington (AsiaNews/Agenzie) - Gli Stati Uniti aumenteranno il loro "sostegno militare" ai ribelli siriani, dopo aver raggiunto la certezza che le forze di Bashar el Assad hanno usato armi chimiche "in misura minima" contro gli oppositori.
La Casa Bianca aveva avvertito che l'uso di armi chimiche nel conflitto che dura da due anni sul suolo siriano, sarebbe stata una "linea rossa" da non attraversare. In compenso Washington non ha prove "fidate" che i ribelli abbiano usato le stesse armi, sebbene l'Onu abbai aperto un'inchiesta su entrambi i fronti, ma non ha potuto portarla a termine a causa della situazione.
I senatori repubblicani John McCain e Lindsey Graham, fra i più accaniti sostenitori di una guerra contro la Siria, in una dichiarazione comune chiedono al presidente degli Stati Uniti non solo di "provvedere armi", ma di "raccogliere una coalizione internazionale per varare azioni militari e ridurre la capacità di Assad di usare forza aerea e missili e la sua capacità di rifornire le truppe sul campo per via aerea". Inpratica si tratterebbe di garantire una no-fly-zone simile a quella attuata in Libia contro Gheddafi.
I ribelli siriani hanno subito chiesto l'invio di mezzi anti-aerei e anti-carro, oltre ad altre armi sofisticate. La decisione di Barack Obama avviene dopo la vittoria di Assad su Qusair e mentre le sue truppe si ammassano per un'offensiva verso Aleppo.
Fra coloro che favoriscono l'invio di armi vi è anche il democratico ed ex presidente Bill Clinton. Nel giornale "Politico" egli dice che "dovremmo fare qualcosa per frenare le vittorie [di Assad] e bilanciare le forze, così che questi gruppi ribelli abbiano una buona possibilità di prevalere". Clinton parla anche della presenza sul campo siriano, in favore di Assad, di Russia, Hezbollah e Iran. A favore dei ribelli, da tempo vi sono Arabia saudita, Emirati, Qatar che finanziano gli stipendi per i combattenti e lo scorso anno hanno acquistato ingenti volumi di armi dall'Europa e dagli Usa. Settimane fa l'Unione europea ha cancellato il divieto di vendita di armi ai ribelli siriani, mentre la Russia ha deciso di fornire a Damasco potenti sistemi missilistici terra -aria S 300.
La grande concentrazioni di armi rischia di far scoppiare questa "primavera araba" (come era all'inizio) in una guerra regionale di conflitto fra sunniti e sciiti, sauditi e iraniani, Usa e Ue contro Russia e Cina, altro sostenitore di Assad. Ieri il re saudita Abdullah, in vacanza in Marocco, ha lasciato in fretta il Paese per ritornare in patria dove l'esercito sta ammassando truppe in vista forse di qualche passo decisivo.
Finora le uniche voci levatesi contro l'escalation del conflitto sono quelle dell'Onu e del Vaticano.
L'Onu ha condannato spesso le divisioni e gli interessi di parte dei membri del Consiglio di sicurezza e continua ad aggiornare le cifre delle vittime della guerra. Ieri, in contemporanea con la decisione Usa di armare i ribelli, le Nazioni Unite hanno dichiarato che il numero degli uccisi nel conflitto siriano è di 93mila persone. Dallo scorso luglio ogni giorno sono morte 5mila persone; 30mila dal novembre. L'80% degli uccisi sono uomini, ma la Commissione per i diritti umani ha documentato la morte di almeno 1700 bambini sotto i 10 anni di vita.