Arcivescovo di Lahore: la Sharia nello Swat è contraria ai principi ispiratori del Pakistan
di Qaiser Felix
Mons. Saldanha denuncia la violazione dei diritti delle minoranze e delle donne. Il prelato esprime preoccupazione “in materia di giustizia” e denuncia abusi e violenze dei talebani verso luoghi di culto e istituti cristiani, sikh e indù. La Chiesa cattolica sostiene il Muttahida Quami Movement, il solo partito che si è opposto alle “forze dell’oscurità”.
Lahore (AsiaNews) – La Sharia nella Swat Valley è una “totale mancanza di considerazione” nei confronti delle minoranze e dei loro diritti, sanciti “dal padre fondatore della patria” nel 1947 all’Assemblea costituente. È quanto afferma mons. Lawrence John Saldanha, arcivescovo di Lahore e presidente della Conferenza episcopale pakistana, il quale esprime una preoccupazione particolare “in materia di giustizia”.
Il prelato ha inviato una lettera aperta al presidente Asif Ali Zardari, al primo ministro Raza Gilani e al Ministro della giustizia del governo della North West Frontier Province (Nwfp) nella quale sottolinea con “dispiacere” la mancata valutazione delle “preoccupazioni manifestate dalla società civile” sull’introduzione della legge islamica nello Swat. Essa, infatti, “mette in pericolo la crescita socio-economica e culturale” della regione e legittima le rivendicazioni dei talebani, i quali distruggono “le norme sancite dalla Costituzione a tutela delle donne e delle minoranze”.
La missiva è sottoscritta anche da Peter Jacob, segretario esecutivo della Commissione nazionale di Giustizia e pace. I leader cattolici spiegano che il clima di “impunità” che ruota attorno “alla macchina della morte e del terrore” dei talebani, perpetra crimini e violenze “ai danni delle piccole comunità indù, sikh e cristiana”. Le minoranze della Nwfp sono “senza lavoro”, subiscono “intimidazioni” e sono costrette a “migrare” per l’imposizione della Jizya, la tassa stabilita dai musulmani ai fedeli delle religioni del Libro (cristiani ed ebrei). Gli estremisti islamici hanno mutilato le “statue del Buddha” e raso al suolo “la scuola di Santa Maria, il convento e la cappella a Sangota (nello Swat)”. Nel mirino di fondamentalisti è finita anche la scuola di don Bosco, a Bannu. Mons. Saldanha riferisce che “molti dei nostri istituti hanno ricevuto minacce”.
Desta particolare preoccupazione la creazione di “un sistema giudiziario parallelo”, basato sulla legge islamica. “Questa decisione – sottolinea il prelato – deve essere messa al voto, dei giudici e del popolo”. Un altro aspetto rilevante è “l’estremismo ideologico” che sembra prendere sempre più piede nel Paese. Nella lettera aperta vi è un riferimento al discorso inaugurale – nel 1947 – del padre fondatore della patria all’Assemblea costituente: Quaid-e-Azam Mohammad Ali Jinnah ha ricordato che la religione è un “fatto personale” e non ha nulla a che vedere con “gli affari di Stato”.
In una seconda missiva, indirizzata al capo del Muttahida Quami Movement (Mqm), mons. Saldanha e Peter Jacob manifestano il loro “apprezzamento” per l’unico partito che alla Camera “si è opposto all’introduzione della Sharia nello Swat”. “Questo contributo – si legge – mirato a salvare la nazione dal precipitare nell’oscurità, sarà sempre ricordato”.
I cattolici “condividono” le preoccupazioni dei membri del Mqm per la “tacita approvazione” dell’operato dei terroristi e del loro progetto che mira a stravolgere “l’ordinamento sociale e politico” del Paese. Peter Jacob e mons. Saldanha invitano il Muttahida Quami Movement a “continuare i suoi sforzi” per dar vita a una società pakistana “tollerante e pluralista”.
I talebani, intanto, continuano la loro battaglia per estendere la legge islamica a tutto il Paese e riferiscono di non aver alcuna intenzione di “abbandonare le armi: Siamo Pashtun e ogni Pashtun possiede un’arma” afferma Muslim Khan, portavoce del Tehreek-e-Taliban Pakistan (Ttp). Domenica scorsa Sufi Muhammad, guida spirituale del movimento Tahrik-e-Nifaz Shariat Muhammadi (Tnsm), ha ricordato che nella valle di Swat è “valida solo la legge islamica” e tutto il sistema giudiziario del Pakistan deve essere regolato “secondo i dettami della Sharia”. Il leader fondamentalista ha sottolineato che nell’islam “non c’è spazio per la democrazia”, definendo i governi occidentali “un sistema di infedeli” che ha diviso il Paese grazie al sostegno della Corte suprema e delle Alte corti locali.
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